giovedì 23 dicembre 2021

Strumenti del mestiere: NEUROPSICOLOGIA DELLA LETTURA

Davide Crepaldi.

NEUROPSICOLOGIA DELLA LETTURA. Un’introduzione per chi studia, insegna o è solo curioso.

Carocci, 2021 (rist.) - 147 p.

La lettura è un’attività molto complessa che il nostro cervello riesce a fare velocissimamente. In media le persone sono in grado di leggere 240 parole al minuto e identificare circa 20 lettere in meno di 200 millisecondi. La capacità di lettura, però, non è innata, non ha basi genetiche, non è frutto dell’evoluzione, come lo è, invece, il linguaggio orale. La lettura (come la scrittura) non ha delle strutture celebrali ad essa predisposte: il linguaggio scritto è un prodotto culturale e come tale deve essere appreso. Con un’adeguata istruzione tutti possono diventare dei buoni lettori.

Il segreto sta nella grande capacità e plasticità del nostro cervello che con una forma di “riciclaggio” neurale, ci permette di imparare a leggere e scrivere. Il cervello, cioè, ricicla strutture che l’evoluzione biologica ci ha dato per elaborare stimoli visivi come gli oggetti e i volti, e le ri-focalizza per l’identificazione di lettere e parole.

Dall’input visivo, il cervello identifica le lettere e le loro combinazioni in elementi noti potenzialmente portatori di significato, riconosce, cioè la parola, ma non le attribuisce ancora un significato. In un secondo momento il cervello associa la parola ad un significato mettendola in relazione con il bagaglio di conoscenze preesistenti (ricordi, esperienze, emozioni …) e, infine, passa all’associazione dei segni grafici ai suoni corrispondenti per comporre la stessa parola nel linguaggio orale. Tutto ciò avviene in un lasso di tempo infinitamente piccolo e in maniera per noi inconsapevole, una volta che si è imparato a farlo. Sembrano passaggi facili, così descritti, ma in realtà implicano una complessa serie di attività cerebrali che vanno apprese/insegnate. Questi tre momenti del processo di lettura sono, inoltre, strettamente connessi, ma anche funzionalmente indipendenti.

Un capitolo del libro è dedicato alla lettura su carta e su video con la spiegazione che in realtà il processo in sé di lettura, dal punto di vista cognitivo, non cambia al cambiare del supporto su cui si legge. Ciò che cambia è il rapporto tra i sistemi di riconoscimento visivo delle parole e la loro interazione dinamica con il resto del sistema cognitivo (memoria e attenzione, per esempio), ed è a questo livello che emergono importanti differenze neurocognitive tra lettura su carta e su video. La nostra memoria, per esempio, è aiutata dalla percezione spaziale dell’informazione (in alto sulla pagina, al centro del libro, …) e dalle altre informazioni sensoriali che possono arrivare nel tenere in mano un libro, sfiorare la carta, sentirne l’odore. Allo stato attuale della ricerca, sembra che le differenze di lettura rispetto al supporto siano legate al tipo di testo che si vuole leggere e allo scopo per cui si legge.

Queste ricerche, però, sono ancora agli inizi e molto è ancora da capire e dimostrare.

Le ultime pagine del libro, infine, sono dedicate alla dislessia analizzata in base alla definizione del “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali” (DSM) dell’American Psychiatric Association (2014), che la presenta come “disturbo dell’apprendimento delle capacità di decodifica in lettura, in assenza di altri disturbi più generali che possano giustificare la difficoltà del bambino.

Partendo da ciò molte e molto interessanti sono le osservazioni e i ragionamenti che si possono fare in funzione dell’apprendimento e dell’insegnamento della lettura.

Come dice il sottotitolo, questo non è un libro per specialisti, ma per chi, insegnanti, studenti, genitori, persone curiose, vuole conoscere qualcosa in più su questo complesso processo che è la lettura. Partendo da queste pagine, poi, molte sono le indicazioni bibliografiche proposte per l’approfondimento.


mercoledì 15 dicembre 2021

DEL POTERE DELLE PAROLE SCRITTE

E’ dimostrato che dare espressione scritta ai propri pensieri ed emozioni rispetto a situazioni dolorose o traumatiche, ma anche piacevoli e appaganti, contribuisce al benessere delle persone. Come sostengono gli psicologi, per sua natura, la mente umana tenta costantemente di comprendere il mondo che la circonda e ciò che accade all’individuo. Due sistemi che efficacemente aiutano ad arrivare a questa comprensione sono la lettura e la scrittura. Leggere favorisce l’empatia e il riconoscimento delle emozioni, suggerisce possibili interpretazioni e reazioni alle situazioni e offre la possibilità di guardare “da fuori” una specifica realtà ed analizzarla, prendendo eventuali posizioni nei suoi confronti senza la necessità di essere direttamente coinvolti (facendosi, però, coinvolgere). Leggere è una sorta di “allenamento” alle emozioni e alla loro gestione. Allo stesso modo la scrittura è un aiuto a far chiarezza in se stessi e nei confronti delle situazioni vissute. Dare voce ai pensieri, tradurli in parole è un processo di elaborazione che obbliga la mente a razionalizzarli e quindi a dare loro un ordine. Un foglio e una penna possono venire in aiuto per uno sfogo, ma anche per un’interpretazione del proprio vissuto, delle situazioni difficili o piacevoli che si stanno vivendo.

Questo sulla scrittura è un po’ il punto focale della storia di Leigh Botts, il ragazzino protagonista di “Caro Mr. Henshaw” che, per compito, inizia una corrispondenza con l’autore del suo libro preferito e pian piano la trasforma in un diario personale, in cui si legge chi è, la sua crescita, le sue emozioni, il modo in cui ha affrontato i piccoli e grandi problemi della sua giovane esistenza.

Leigh è in prima media in una scuola nuova e vive con sua madre. Non è un bel momento per lui: si sente solo, è triste perché non vede quasi mai suo padre ed è anche arrabbiato perché un misterioso ladro gli ruba ogni giorno parte del pranzo. Non è molto convinto quando la professoressa gli assegna il compito di scrivere una lettera a un autore, ma non può esimersi e invia una lista di domande a Mr. Henwshaw, autore del suo libro preferito fin dalla quarta elementare. Leigh rimane sconcertato dalla risposta dell’autore piena, a sua volta, di altre domande alle quali l’uomo aspetta risposta. Rispondere a queste domande cambia molte cose nella vita del ragazzino, gli fa acquisire maggiore consapevolezza di sé, degli altri e delle situazioni in cui viene a trovarsi.

Nei testi del ragazzino ci sono sorrisi, lacrime, divertimenti, paure, sogni, amicizie, sconforto e soddisfazione, fiducia, speranza e illusione. Sono testi che crescono con lui e via via si fanno più curati e intensi, rimanendo, comunque, essenziali, senza elementi inutili. Accanto a questo, il romanzo offre molti spunti per scrivere bene e diventa una specie di vademecum per giovani scrittori, che, con leggerezza, mostra come si scrive, perché si scrive, cosa si scrive.

Una sorta di manuale di scrittura è anche “Come ho scritto un libro per caso” di Annet Huizing. “Show, don’t tell”, cioè, “mostra, non raccontare”, è, infatti, uno dei tanti consigli che la famosa scrittrice Lidwien dà a Katinka, la ragazzina protagonista. E Katinka, che vuole diventare scrittrice, impara a farlo benissimo. Katinka ha tredici anni e ha perso la mamma da piccola. Vive con suo fratello e suo padre. Katinka ama scrivere da sempre. E’ ricca di fantasia e la sua testa è piena di storie. Sogna di pubblicare un libro, ma, non sapendo da che parte cominciare, chiede aiuto all’anticonformista Lidwien, sua vicina di casa, una donna ricca di umanità, che riesce a trasmetterle le sue esperienze di narratrice e a darle utili indicazioni per scrivere bene. Nella vita di Katinka entra, intanto, anche Dirkje, una giovane donna di cui il padre si innamora. Per Katinka non è facile accoglierla: sono ancora troppo vivi in lei la memoria del passato e l’amore per sua madre. Nel corso del romanzo, però, Katinka, grazie alla passione per la scrittura e ai consigli di Lidwien, cresce e, lasciando tempo al tempo, pian piano ogni cosa per lei si sistema.

Al di là della qualità della storia e di come è scritta, la narrazione della vicenda di Katinka costituisce un vero e proprio manuale di scrittura creativa con idee, suggerimenti e consigli per scrivere un buon libro con tecniche narrative efficaci, dialoghi ben costruiti, cura nella scelta delle parole, presenza di diversi punti di vista e eliminazione del superfluo, accettando anche di mettere in discussione quanto scritto. Un buon libro che ben esplicita ciò che lo rende tale.

In queste due storie emerge bene il tema della scrittura come forma di conoscenza, di interpretazione e anche di svago, come mezzo in cui perdersi e ritrovarsi.

Due storie che rispettano i loro protagonisti in quanto bambini o adolescenti “veri”, rispettando contemporaneamente i loro lettori. Sono libri che parlano di queste età così come sono, senza ammaestramenti e istruzioni, presentando infanzia e adolescenza non come condizioni da migliorare, ma da accogliere e sostenere nei vari passaggi di crescita.

Legato al tema della scrittura è anche " Dieci lezioni sulla poesia, l’amore e la vita di Bernard Friot, presentato qualche tempo fa su questo blog. Si tratta di un’altra lettura molto significativa sul potere della lettura, della scrittura, della letteratura e delle parole, poesia nello specifico. Poesia intesa come ricerca di parole, di ritmi, di suoni il cui accostamento crea bellezza e, allo stesso tempo, comunica e interpreta stati d’animo, pensieri, emozioni.

 

 

 

 

 Beverly Cleary con la traduzione di Susanna Mattiangeli e le illustrazioni di Vittoria Dalla Torre

Caro Mr. Henshaw

Il Barbagianni, 2021.13 p.

dai 9 anni


Annet Huizing – traduzione di Anna Patrucco Becchi

Come ho scritto un libro per caso

La Nuova Frontiera Junior, 2018 – 155 p.

dai 12 anni


Bernard Friot

Dieci lezioni sulla poesia, l’amore e la vita.

Lapis, 2016 – 177 p.

dai 10 anni

mercoledì 24 novembre 2021

STORIA VERA DI UN RITORNO


Quattordici lupi

Catherine Barr con le illustrazioni di Jenni Desmond e la traduzione di Lucia Feoli

Editoriale Scienza, 2021,  48 p.

Età di riferimento per la lettura autonoma: 9 anni.

 

Un libro di divulgazione scientifica che si legge come un romanzo e appassiona come una storia d’avventura. Così si può definire “Quattordici lupi” scritto da Catherine Barr e illustrato da Jenni Desmond. Lo ha pubblicato Editoriale Scienza nella preziosa collana “A tutta scienza”.

Si tratta di una storia vera che racconta e spiega l’importanza della presenza dei grandi predatori, del lupo in questo caso specifico, per l’equilibrio dell’ecosistema di un territorio.

La storia inizia negli anni ‘30 del secolo scorso in America nel parco di Yellowstone, dove spariscono tutti i lupi, sterminati dai cacciatori per le pellicce e per difendere il bestiame. La loro dominante presenza costituiva il soggetto apice di un equilibrio naturale delicato e complesso e la loro scomparsa ne ha determinato un lento e progressivo cambiamento. Col passare del tempo, infatti, l’assenza di questo animale comincia ad avere delle conseguenze molto gravi sul territorio del parco. I waipiti, grandi cervi di quelle terre, senza il loro primo antagonista, hanno cominciato a diffondersi liberamente creando branchi sterminati che, brucando intensamente nuovi germogli e tutto ciò che trovavano sui loro passi, hanno fatto inaridire la terra e limitato la crescita degli alberi. La povertà, per non dire, l’assenza di vegetazione, ha condotto pian piano alla scomparsa di altri animali più o meno grandi, in un effetto a cascata che ha travolto uccelli, pesci, piccoli mammiferi e perfino orsi.

A distanza di anni, di fronte a questo disastro, l’uomo si è reso conto che bisognava ristabilire l’equilibrio naturale e lo ha fatto riportando nel 1995 i predatori nel parco. Dopo settanta anni e tante lotte burocratiche, i lupi sono tornati a casa, si sono insediati e adesso si vedono i risultati.

Questo libro racconta la storia dei primi lupi reintrodotti nel parco di Yellowstone e descrive il loro habitat, il loro modo di vivere, di riprodursi, di cacciare.

Protagonisti di questo libro non sono i lupi spaventosi delle fiabe, né i lupi positivamente ridicoli degli albi illustrati, sono i lupi veri, né buoni, né cattivi, animali selvatici predatori importanti per l’equilibrio naturale di un territorio. La storia di questi lupi è affascinante e scientificamente interessante e riesce a stupire il giovane lettore (ma anche il vecchio lettore) grazie alle tante informazioni e alla narrativa in cui sono presentate. Contribuiscono al valore di questo lavoro anche le raffinate e realistiche illustrazioni che accompagnano il testo.

Il fascino del lupo vero riempie le pagine con la magia selvaggia del suo essere forte, aggressivo e schivo e non si può non cogliere tutta la portata che ha la storia qui narrata, una storia che ai giorni nostri sempre più ci tocca da vicino.


I bambini lettori che hanno
amato “Lupinella. Vita di una lupa nei boschi delle Alpiscritto da Giuseppe Festa con il supporto scientifico del MUSE di Trento, pubblicato anch’esso da Editoriale Scienza, non potranno non apprezzare questo curato e intenso lavoro.

martedì 16 novembre 2021

REGIONE CHE VAI, MOSTRO CHE TROVI

Pico, Circe, i mostri di Bomarzo e altri esseri fantastici del Lazio

Giovanni Nucci con le illustrazioni di Andrea Calisi

Telos, 2021. 79 p.

Consigliato da 8 anni

Dopo i mostri di Liguria e Sicilia, la collana “147 mostro che parla! 7 mostri x 21 regioni italiane”, ideata e curata da Teresa Porcella per Telos Edizioni, si arricchisce di un nuovo volume dedicato ai mostri del Lazio. Lo ha scritto Giovanni Nucci e lo ha illustrato Andrea Calisi.

Il titolo “Pico, Circe, i mostri di Bomarzo e altri esseri fantastici del Lazio” campeggia su una bellissima copertina dai colori vividi e dal tratto originale che, aperta a doppia pagina in modo da vedere anche la quarta, rende subito al lettore l’idea dell’ambiente e dell’atmosfera delle storie che contiene.

Si tratta di sette storie dedicate a un mostro o a una creatura fantastica della regione Lazio, la cui leggenda viene attualizzata dalla narrazione attraverso il suo inserimento in una vicenda che riguarda un ragazzino dei giorni nostri che, in un modo o nell’altro, ci viene in contatto.

Queste storie, si basano su leggende e miti millenari, ma sono state completamente rielaborate e molto ben raccontate in chiave contemporanea con tono leggero e accattivante. In questo modo il loro contenuto “leggendario” entra nella vita dei personaggi attuali e mostra la sua universalità, diventando, allo stesso tempo, facilmente leggibile e comprensibile.

Le storie della maga Circe, del Serpente di Gaeta e di Beatrice Cenci, solo per indicarne alcune, risultano quindi particolarmente intriganti perché da una parte sono avvolte dal mistero che le leggende portano con sé e, dall’altra, entrano in diretta relazione con la normale “vita bambina” dei lettori fatta di gite scolastiche, di disparità in famiglia, di spiacevoli episodi di prepotenza a scuola e di notti insonni a casa dei nonni…

Contribuisce alla facilità di lettura la scelta della font ad alta leggibilità, la scrittura con colori diversi di parole più difficili o di interesse particolare per la narrazione e la disponibilità in rete della lettura della storia stessa ad alta voce da parte del suo autore, registrazione che si raggiunge facilmente attraverso il QR code presente in copertina.

Le illustrazioni di Andrea Calisi interpretano con tratto pesante e molto colorato la contemporaneità delle storie e donano concretezza alle figure. L’interpretazione iconica diventa veicolo di significato contribuendo a legare il mito, la leggenda alla quotidianità. Sono figure un po’ surreali, forse, ma che colpiscono l’occhio e attirano l’attenzione su dettagli importanti per la narrazione.

Al termine di ogni storia, una doppia pagina approfondisce in modo scherzoso la figura mostruosa o fantastica che ne è stata oggetto. La parte finale del libro invita poi i ragazzini a pensare a queste o a altre creature simili che conoscono e a inventare loro stessi una storia che le possa presentare.

Se vogliamo indicare un’età di lettura per i libri di questa collana, si può dire, con tutte le considerazioni che vanno fatte sull’età di proposta delle letture, che sono adatti per i bambini dai 7-8 anni e, in particolar modo sono rivolti, per (forse) maggior familiarità con le creature che ne sono protagoniste, ai bambini delle regioni di riferimento. Allo stesso modo, possono, però anche risultare interessanti per chi in quelle zone non vive e viene a scoprire nuove leggende, storie accattivanti e, soprattutto, nuovi mostri e crature misteriose

Per tutti queste storie possono costituire spunto per andare a visitare i posti citati e, chissà, incontrare di persona questi esseri.

Nella stessa collana sono stati pubblicati fino ad ora “Spirdi, spirdati, sirene e altri esseri fantastici della Sicilia” di Annamaria Piccione con le illustrazioni di Lucia Scuderi e “Barban, fate, tritoni e altri esseri fantastici della Liguria” di Anselmo Roveda con le illustrazioni di Giulia Pastorino, entrambi ascoltabili liberamente on-line partendo dal sito https://telosedizioni.it/ dell’editore Telos.


 

mercoledì 10 novembre 2021

LE EMOZIONI DI VIVERE

Un giorno una ragazza

Nic Cester con le illustrazioni di Richolly Rosazza

Kite, 2021. 32 p.

Consigliato da 7 anni

Un giorno una ragazza” (Kite Edizioni) è una storia senza tempo. Racconta della bambina fatta di tubi al neon e fili elettrici che salta la corda sul tetto di una vecchia fabbrica. Per tutti è simbolo di libertà e di luce, ma lei si sente prigioniera e sogna di essere come tutte le altre ragazze. Un giorno il suo sogno si avvera e, diventata una ragazza come le altre, si avventura nella vita reale. Vivere, però, è più difficile di quello che si era immaginata e nella sua tanto agognata libertà deve fare i conti con l’indifferenza delle persone, il dolore, la solitudine. Piano piano le sue aspettative si rapportano alle nuove esperienze e le emozioni che prova per la prima volta danno colore ai suoi giorni. La ragazza impara così che avere un cuore, un’anima, significa entrare in sintonia con le persone, riconoscere e affrontare i pensieri e i sentimenti propri e degli altri, mostrare empatia, essere resilienti, accettare impegni e farvi fronte, affrontare le sfide con atteggiamento positivo.

Questo nuovo lavoro proposto da Kite Edizioni è interessante per diversi aspetti.

Anche se dal punto di vista del contenuto l’argomento in generale della storia (senso della vita e libertà) è già stato oggetto di diversi libri, nuovo e originale è il pretesto narrativo per raccontarlo (l’insegna luminosa della bambina che, immobile nel suo saltare la corda, da sempre illumina le sere degli abitanti della città intorno alla fabbrica di aceto) e l’evoluzione che si verifica nella ragazzina che prende vita. E’ interessante, infatti, l’accostamento contrastante, e quindi inibitore, del triste bianco e nero della ragazza in carne ed ossa alla pienezza colorata della vita che la circonda. Ed è solo nel momento in cui lei prova per la prima volta un’emozione dopo l’altra e si commuove che inizia a ritrovare i suoi colori: l’empatia e la resilienza le ridanno il blu, la rabbia il rosso e la felicità il giallo. La sua triste figura bicolore acquista peso e rilevanza grazie al progressivo intervento dei colori che, in quanto corrispondenti alle varie emozioni, alla fine, la rendono “umana” come le altre persone che la circondano. Altro punto interessante è che la sua umanità si sviluppa prima grazie agli animali che incontra mentre solo alla fine ciò che ha imparato con loro (più immediati e spontanei delle persone) le permette di alzare lo sguardo e incrociare quello delle altre ragazze e altri ragazzi come lei.

Il testo, nato da un'idea di Nic Cester e poi arrangiato dall'editore, è curato e ricco dal punto di vista linguistico. Lessico e sintassi sostengono il significato intenso delle frasi e il testo acquisisce progressivamente sempre più peso. La scelta del passato remoto come tempo narrativo dona alla storia un’aurea quasi da mito, da leggenda e da essi, infatti, non si discosta molto per i contenuti e gli insegnamenti veicolati che, forse, se non esplicitamente espressi avrebbero reso il testo un po’ più leggero.

Altro punto di forza di questo lavoro e parte integrante della narrazione di questa storia sono le illustrazioni di Richolly Rosazza che ne ha saputo interpretare magistralmente sentimenti ed atmosfere. Il suo inconfondibile tratto, leggero nel segno come nei colori, dona alle figure un senso di evanescenza e alterità che non le strappa, però, dalla concretezza della situazione che stanno vivendo. La doppia tavola finale, sull’interno di copertina, con il sole all’orizzonte è simbolo di libertà e buon auspicio per le giornate positive che arriveranno dopo quelle difficili appena passate. Non c’è più, infatti, il cerchio luminoso al neon che si vede sull’altro interno di copertina, cerchio che obbligava la ragazza alla posizione di mera e fissa osservatrice.

Non può essere, infine, non notata l’auto-citazione dell’illustratore che, sul cartellone pubblicitario presente sull’autobus nelle prime pagine, riporta copertina e titolo di un altro albo da lui illustrato. Anche la posizione sul retro del bus che sta andando via non è sicuramente stata scelta a caso. “Legami” di Nadia Al Omari, infatti, racconta della complessità dei sentimenti e di come legarsi a qualcuno significhi anche volergli bene al punto da lasciare che si allontani, anche se ciò fa soffrire.

Il libro “Un giorno una ragazza” fa parte del progetto “The Skipping Girl” di Nic Cester, cantautore e musicista australiano di origini italiane, già cantante dei Jet e dei Jaded Hearts Club, che, attraverso questa storia, pensata per la sua bambina, ha voluto raccontare la visione che aveva della sua esistenza di uomo libero sì, ma condizionato da mille fili che gli impediscono vero movimento. La storia è accompagnata da un album di nove brani musicali originali dalle sonorità melanconiche che si possono sentire su YouTube inquadrando il Qrcode presente sul libro. Kite edizioni ha raccolto ed editato la storia e prodotto il libro con le illustrazioni di Richolly Rosazza. L’album è stato orchestrato da Enrico Gabrielli e suonato dall’Orchestra Italiana del Cinema negli studi Forum di Roma.

mercoledì 3 novembre 2021

APPARENZE

Giuliana Facchini

Ladra di jeans

Sinnos, 2021. 143 p.

Consigliato da 11 anni


L’amicizia può avere molte sfaccettature. Se le amiche sono due adolescenti, forse, ancora di più. La storia di Gemma e Padma, protagoniste di “Ladra di jeans” (Sinnos) ne può essere esempio. Gemma e Padma vanno a scuola insieme e diventano amiche, anche se non potrebbero essere più diverse tra loro sia fisicamente, sia culturalmente, sia mentalmente. Gemma è italiana, vive con i genitori e il fratello minore, è benestante, ha una corporatura robusta, non si piace e questo è per lei fonte di grande disagio che maschera abilmente col far finta che non le importi niente di niente. Padma è indiana e da poco vive in Italia con la sua famiglia, ha una sorella maggiore che già lavora, è brava a scuola, le piace leggere, ha un fisico meraviglioso. Di questo, però, lei non si cura: il suo impegno è tutto rivolto verso lo studio, la lettura e il riuscire a superare il panico che la assale ogni volta che si trova da sola in strada, soprattutto in zone affollate e dove non è mai stata.

Il legame tra le due nasce da un paio di jeans che la mamma di Padma prende dalla distribuzione di vestiti usati in parrocchia e che addosso a Padma sono perfetti. Quei jeans, però, appartenevano a Gemma la cui madre, a sua insaputa, ha riordinato l’armadio e eliminato i vestiti che non andavano più bene alla figlia.

La storia tra le due si sviluppa in un interessante gioco di relazione in cui elementi diversi continuano ad apparire o a sparire, scompigliando le ipotesi che il lettore progressivamente si fa nella mente su come la vicenda può svilupparsi.

Del tutto incomprensibili, all’inizio, sono le pagine con cui il libro si apre e che descrivono l’incendio di una cucina. Pian piano vengono poi presentati i personaggi e le situazioni che danno corpo alla storia, che qui, ovviamente, non vogliamo raccontare nel dettaglio.

Le protagoniste, Gemma e Padma, sono presentate in maniera esemplare. Sono due figure ben caratterizzate e che “prendono forma” con naturalezza nello sviluppo della storia che, a sua volta, è molto verosimile e non ha nulla di scontato.

Dal punto di vista formale, oltre a sottolineare l’utilizzo della font ad alta leggibilità, è molto interessante notare la suddivisione in capitoli, ciascuno dei quali associa un colore all’emozione che lo governa (es. Capitolo viola. Viola era la rabbia). In cinque parti, dal titolo “Gemma parte prima”, “Gemma parte seconda” …, la narrazione si sposta dalla terza alla prima persona e racconta i pensieri, le emozioni e i sentimenti di Gemma da dentro di lei, dal suo punto di vista.

E’ solo alla fine che tutti i pezzi del puzzle di questa storia vanno a posto e si chiariscono diversi aspetti: il tipo di amicizia tra le due ragazze, il secondo scopo di ogni agire di Gemma, l’incendio della cucina, chi era “la ladra di jeans”.

Il finale, però, è tutt’altro che chiaramente concluso. Anzi, si tratta di un finale molto aperto che il lettore può interpretare liberamente. Forse non è nemmeno un finale aperto a ogni possibilità, visto che si intravvede un epilogo un po’ inquietante, ma molto dipende dalle parti di chi prende il lettore, se quelle di Gemma o quelle di Padma. Di certo non si possono prendere le parti di entrambe e la discussione tra i lettori può svilupparsi in modo molto intenso con una ricchezza di temi e di considerazioni non indifferente.

Un libro sull’adolescenza, sul bisogno dei ragazzi e delle ragazze di trovare la propria identità, il proprio equilibrio, sull’accettazione della natura umana, sul rapporto con il proprio corpo e con il cibo, sull’amicizia, sui primi amori, sulle relazioni in casa, a scuola e tra compagni, sulla cattiveria che può svilupparsi tra i ragazzi che non è fine a se stessa, ma mira a colpire forte. Un libro duro in cui si sente anche l’odio.

Una notazione è doverosa anche per sottolineare come l’autrice sia riuscita ad inserire delle considerazioni molto interessanti riguardo all’uso della lingua italiana, alla sua evoluzione, al ruolo dei libri e delle storie per mantenere la lingua, per raccontare usi e costumi, e, allo stesso tempo, per accompagnarne lo sviluppo e il rinnovamento.

martedì 26 ottobre 2021

QUANTE SONO LE PAURE

Piccola mappa delle paure

Andrea Valente con le illustrazioni di Sonia Zucchini

Pelledoca, 2017. 96 p.

Consigliato da 10 anni

 

Quando si pensa alle storie di paura si pensa sempre a storie che raccontano di mostri, zombie, fantasmi, orchi o streghe. Nel periodo di Halloween, ancora di più, personaggi di questo tipo invadono la vita di grandi e bambini: film, cartoni animati, gadget pubblicitari, giochi, maschere, storie …

In realtà le vere paure che abbiamo tutti, bambini compresi, e che siamo chiamati ad affrontare sono altre. Alcune sono paure molto “concrete” come la paura del sangue, del temporale, degli animali, altre più “psicologiche” come la paura di crescere, del futuro e di sbagliare. Ci sono poi le paure “classiche” del vuoto, del buio, dei luoghi chiusi e della folla, e le paure “relazionali” come la paura di se stessi, di non essere accettati, di amare. Tante sono le paure che ogni persona sperimenta nel corso della sua vita. Alcune di queste sono narrate da Andrea Valente in “Piccola mappa delle paure” (Pelledoca), una sorta di catalogo, una raccolta di ventuno storie che, non solo si concentrano sulle varie paure, ma elaborano e presentano anche un possibile metodo per affrontarle. Così, per esempio, si può cercare di distrarsi con pensieri piacevoli per non pensare alla morte o considerare che se non si è mai vissuto altro che al buio, il buio non è nulla di così terrificante. Qualche volta, invece, il problema si risolve prima ancora che si sia affrontato e la paura di ricevere un no, svanisce davanti ad un sì pronunciato come risposta a una domanda nemmeno ancora posta.

Andrea Valente riesce a raccontare queste storie senza offrire morali o insegnamenti. Le storie in sé dicono che le paure vanno affrontate e che senza di loro non potremmo usare tutto il coraggio che, in realtà, abbiamo senza neanche saperlo. E’ di fronte al problema che riusciamo a trovare la soluzione, ma se dal problema scappiamo, mai sapremo che saremmo in grado di cavarcela.

Aver paura è naturale. Aver paura è salutare. E rendersi conto che tutti, prima o poi, chi più chi meno, di qualcosa ha o ha avuto paura, aiuta a scoprire che le paure si possono affrontare, che le paure rimpiccioliscono, che dubbi e domande possono trovare risposte e che si potrà tornare a guardare a tutto con maggiore serenità. A volte può capitare che le paure non vengano superate o non del tutto. Pazienza. Bisogna, però, almeno aver provato ad affrontarle.

Una volta c’era un tipo che di notte aveva paura del buio e di giorno paura della luce del Sole; aveva paura della folla e paura della solitudine; aveva paura di amare e paura di odiare; paura del vuoto e paura degli spazi chiusi; paura dell’acqua e paura del sangue … Talmene di tutto aveva paura, che evitando ogni cosa, alla fine non gli restò più niente di cui aver paura e provò per un attimo il brivido di non aver paura di nulla.” (p. 7)

La scrittura di Andrea Valente in queste storie è di alto livello linguistico. Sono storie che, sia dal punto di vista della lingua, sia da quello dell’argomento, sfidano il lettore ad entrarci e a trovarne il perché. Non tutte sono immediate, ma è anche in questo che sta il loro valore. Se una storia si legge velocemente e non richiede attenzione o non stimola particolarmente curiosità e interesse, difficilmente rimane impressa. Non è questo il caso: queste narrazioni si apprezzano lentamente come qualcosa di buono il cui sapore (anche se amaro) colpisce e rimane a lungo in bocca. Sono storie che si leggono e si rileggono, che girano in testa anche dopo aver chiuso il libro e a cui si torna ancora con il pensiero. Sono storie pensate per i bambini, ma che molto possono dire anche agli adulti.

Una nota di riguardo per le illustrazioni che accompagnano alcune delle storie. Si tratta di un’interpretazione grafica moderna, scattante e accattivante che riesce a sottolineare il valore del testo. La storia sul buio, per esempio, è tutta scritta su fondo nero squarciato da un unico segno giallo e bianco, una sorta di scarabocchio che l’accompagna in tutta la sua lunghezza. Stessa cosa per la storia sulla paura del vuoto rappresentato dal nero sfondo che rimanda alla vuota oscurità dell’universo. Più esplicite le figure di tombe e vecchie signore per la storia sulla paura della morte ed enigmatiche quelle per la storia della paura di se stessi in cui forbici e pettine danno nuova forma ai capelli di Valentina.

P. S. In alcuni libri, i mostri cui accennavo all’inizio del post, possono essere considerati metafora delle paure “reali” di ognuno di noi. Ma non è sempre detto. Spesso mostri e streghe sono fine a se stessi. Basta, infatti, considerare come la letteratura di genere possa presentare punte di eccellenza in un mare di opere di dubbio valore che rispondono troppo spesso soprattutto a mode del momento o a puri interessi commerciali.


martedì 19 ottobre 2021

CHE SORPRESA!

Silvia Vecchini- Sualzo

Quello nuovo

Il Castoro, 2021. p. 32

Consigliato da 3 anni

 

Sono tantissimi gli albi e i libri illustrati dedicati all’arrivo di un fratellino o di una sorellina. Sinceramente questo è il primo che mi capita di vedere che racconta l’evento dal punto di vista dei giocattoli.

Sono, infatti, i pupazzetti di un bambino a parlare in queste pagine. Cavallino arriva di corsa ad annunciare che “quello nuovo” è arrivato. I peluches sono sconcertati. Temono di non essere più di interesse per Bambino e, uno dopo l’altro, mettono in luce l’elemento che lo contraddistingue e che lo rende unico e, quindi, non comparabile con “quello nuovo”: non avrà mica le orecchie più lunghe di quelle di Coniglietto, o la coda più simpatica di quella di Maialino, non sarà più grosso di Elefantino né più colorato di Polpo, né più morbido di Pecorella. Ad un tratto Bambino arriva e fa qualcosa di inaspettato: prende tutti i pupazzetti (che temono di essere portati in soffitta o gettati nel bidone) e li mette tutti in giro al nuovo bebè che sorride felice nel suo lettino. Che sospiro di sollievo e che felicità. I giocattoli, d’ora in poi, non avranno un solo bambino da far felice, ma saranno ben due i piccoli che giocheranno con loro.

La delicatezza di queste pagine è opera della coppia Vecchini-Sualzo, famosa per i numerosi graphic novel di cui sono autori.

Una storia simpatica per accogliere un nuovo arrivato in famiglia. Un modo delicato per affrontare il tema della gelosia del fratello/della sorella maggiore all’arrivo di un fratellino o di una sorellina.

Una dolce storia da leggere insieme guardando le figure, senza dimenticare di fare attenzione ai versi di copertina, ma anche da ascoltare nella canzone di Sualzo che si trova su youtube inquadrando il Qrcode riportato nella prima pagina o cliccandola direttamente sul sito web dell’editore alla scheda di questo libro

lunedì 11 ottobre 2021

SACRIFICIO ALL'ETERNA GIOVINEZZA

Jack Meggit-Phllips con le illustrazioni di Isabelle Follath e la traduzione di Giulia De Biase

Bethany e la Bestia

Rizzoli 2021, p. 235 disponibile anche ebook

Consigliato da 9 anni.

Ai ragazzini piacciono le storie un po’ truculente, strampalate e intriganti in cui i bambini sono dispettosi e ingestibili e gli adulti cattivi oppure un po’ strani. Storie in cui non mancano i mostri e il lieto fine non è così scontato. Mescolando tutti questi elementi, Jack Meggit-Phillips ha creato “Bethany e la bestia” (Rizzoli, 2021. Consigliato da 9 anni), un romanzo unico, avvincente e spassoso.

Bethany è una bambina tremenda ospite di uno squallido orfanotrofio gestito dalla signora Fizzlewick. Un giorno Ebenezer Tweezer, uomo affascinante e terribile, la prende a vivere nella sua casa. L’idea dell’uomo, però, non è quella di offrire una dimora e una vita dignitosa a una piccola orfanella, bensì quella di darla in pasto alla Bestia, un essere con tre occhi e due lingue che vive nella soffitta della sua meravigliosa casa. Ebenezer ha cinquecentoundici anni e, come Dorian Gray, ha venduto la sua giovinezza alla bestia informe che, in cambio di ogni cosa da mangiare essa desideri, gli offre la pozione magica dell’eterna giovinezza. La Bestia è immorale e sfrenata e le sue richieste sempre più crudeli. Ed è così che Bethany sembra destinata a diventare il pranzo che permetterà a Ebenezer di compiere i cinquecentododici anni. Sarà così?

Leggendo queste pagine si ride, si piange, si trema di paura. La scrittura è veloce e diretta. Sulla scia di quanto ci ha regalato Roald Dahl, succede ciò che non ci si aspetta: davvero la Bestia mangerà il pappagallo? Davvero Ebenezer adotta Bethany per farla mangiare? Davvero si assiste alla morte di un bambino ingoiato da un mostro? Sembrerebbe proprio di sì: nonostante tutto, certe scene sembrano veramente arrivare a compimento.

In questo libro tutte le tradizionali leggi buoniste della letteratura per l’infanzia sembrano messe in discussione. Sembrano non esserci compromessi tra ciò che si racconta e ciò che di solito si fa leggere ai bambini. In realtà, la grande capacità narrativa dell’autore sta proprio nell’ironia e nella tensione con cui costruisce scene e dialoghi in un gioco di fraintendimenti e incomprensioni, con personaggi divertenti, ma anche cruenti e determinati nei loro intenti, per poi, però, virare velocemente e dare una direzione diversa alla storia. Essa, infatti, rispetta la legge fondamentale della letteratura per i bambini che prevede un finale positivo (non scontato) e, anche se nel suo svolgimento, di questo si arriva spesso a dubitare, alla fine il cerchio si chiude e si chiude per il meglio. Per fortuna, infatti, Bethany è troppo magra per la Bestia e, mentre si aspetta che ingrassi … .

Una lettura divertente e incalzante, ricca di pathos e dal finale inaspettato. Da non perdere.

venerdì 1 ottobre 2021

AMICI PER LA PELLE

Antonio Ferrara con le illustrazioni di Agnese Innocente

Cino e Tempesta. Un amico speciale

Il Castoro, 2021. 126 p.

Consigliato da 7 anni

Antonio Ferrara con le illustrazioni di Agnese Innocente

Cino e Tempesta. La gara di judo

Il Castoro, 2021. 113 p.

Consigliato da 7 anni

Continuano le avventure di Cino e Tempesta, la simpatica serie iniziata in primavera e pubblicata da Il Castoro per i bambini intorno ai 7-8 anni che leggono bene in autonomia. La scrive Antonio Ferrara e la illustra Agnese Innocente. I titoli dei primi due volumi sono “Cino e Tempesta. Un amico specialee “Cino e Tempesta. La gara di judo”. Si tratta delle spensierate avventure di un ragazzino vivace che ha tanti amici, un papà ferroviere e una mamma cassiera. Come tutti i bambini della sua età, Cino ha le giornate molto piene tra scuola, lezioni di judo, giretti al parco, compiti da fare. Ciò, però non gli impedisce di essere sempre pronto a nuove avventure. Nel primo episodio Cino conosce il secondo protagonista di questi libri: Tempesta, un cagnolino nero nato in una cucciolata venuta al mondo nel parco e che non appartiene a nessuno. Tra Tempesta e Cino è amore a prima vista, ma subito cominciano anche i guai. Nonostante i buoni propositi, Cino riesce a combinarne sempre una e adesso ha pure chi lo aiuta. Poco male, però, perché i due insieme trovano il modo, del resto senza neanche tanta difficoltà, per far sì che i genitori di Cino gli permettano di tenere con sé Tempesta. Nasce così una coppia inseparabile pronta a vivere le piccole e grandi avventure del quotidiano.

Nel secondo episodio, invece, Cino è alle prese con la preparazione della gara di judo. La cosa lo innervosisce molto per due motivi. Primo perché non ha ancora imparato la mossa più difficile e secondo perché ci sarà in palestra la sua amica Anna, davanti alla quale ci tiene particolarmente a fare bella figura. A complicare il tutto, Tommaso, il bulletto della scuola, lo ha preso di mira e non lo lascia stare. Per fortuna Tempesta gli è sempre vicino e, anche se non fa che combinare guai, in fondo lo aiuta ad uscire dalle situazioni più complicate.

Questi episodi di vita quotidiana sono raccontati con agile spontaneità in prima persona da Cino dal suo punto di vista tipicamente bambino, con le riflessioni, i pensieri e la logica lineare di un ragazzino di otto anni, i suoi problemi a casa e a scuola. Non manca la rassicurazione che tutte queste difficoltà si possono risolvere positivamente dai litigi tra i genitori, ai disastri nei bagni a scuola, alle arrabbiature della maestra. Cino è una specie di Gian Burrasca dei giorni nostri, perfetto personaggio in cui i bambini possono riconoscersi e con cui possono confrontarsi, ridendo anche fino alle lacrime.

La qualità linguistica di queste storie si riconosce subito: nella sua semplicità, infatti, non risparmia al lettore un testo molto curato senza sbavature e banalità. Episodi ben scritti, divertenti, con vari colpi di scena e invenzioni spiritose. Libri abbastanza lunghi, divisi in capitoli e ben sostenuti nella narrazione. Libri per piccoli “veri lettori”, che possono apprezzarli molto grazie anche alle tenere e irresistibili illustrazioni in bianco e nero di Agnese Innocente.

Doverosa è qui una nota in generale riguardo ai libri di Antonio Ferrara per i ragazzini più grandi. Si tratta di romanzi che, se pur con ironia e positività, affrontano dempre temi molto forti, storie anche drammatiche legate alla fascia adolescenziale che parlano ai ragazzi degli argomenti che li riguardano molto da vicino, dalle difficoltà di comunicazione con il mondo degli adulti, al bullismo, dalle problematiche scolastiche a quelle legate alla propria identità.

Un’altra nota ci starebbe qui riguardo alle “serie”. Tante sono le cose da dire che presto ci dedicheremo un intero post.