Choi Deok-Kyu
Le grandi mani di mio padre.
Quinto Quarto, 2024
per gli adulti
Le mani dei padri hanno da sempre occupato un ruolo centrale nelle narrazioni. La loro forza, unita a una durezza solo apparente, crea una potente immagine metaforica quando viene accostata alla delicata fragilità di un neonato: strumenti di lavoro che si trasformano in veicoli di cura e tenerezza. Come il titolo chiaramente anticipia è su questo tema si sviluppa il capolavoro “Le grandi mani di mio padre”, raffinato libro del coreano Choi Deok-Kyu.
Il
libro racconta una storia centrata sul tema del proteggere e del
prendersi cura. Una storia di sole immagini che, seguendo un duplice
filo, di pagina in pagina sviluppa parallelamente la descrizione
della profonda relazione che c’è tra i due protagonisti.
Sul lato sinistro, le
illustrazioni sono racchiuse in un cerchio come
fossero guardate attraverso un
cannocchiale metaforicamente puntato
sul passato. A destra,
invece, immagini a tutta pagina che attualizzano
e amplificano la portata narrativa.
Da una parte, il padre si prende cura del proprio neonato;
dall’altra, la prospettiva si ribalta e mostra il figlio adulto che
si dedica alle attenzioni verso l’anziano
genitore.
Un libro attentamente studiato sia nella scelta dei colori sia nei particolari ricorrenti come per esempio gli occhiali che fanno da trait d’union tra le due storie. Il bambino cresce e diventa uomo e da oggetto di attenzioni diventa attore di gesti d’amore che vanno oltre ogni tempo come allacciare le scarpe, aiutare a lavarsi, dar da mangiare, abbottonare la camicia. Semplici gesti che alimentano la profonda intimità tra i due personaggi e sottolineano la generosa apertura dell’uno verso l’altro.
L’evoluzione della relazione tra padre e figlio è rappresentata nella sua ideale continuità di amore intergenerazionale e, nonostante si parli anche di perdita e di dolore, non si cade nel fatalismo. In queste pagine, inoltre, non c’è una figura materna, tuttavia non se ne sente la mancanza: la relazione tra padre e figlio è esplorata nella sua intensa e specifica esclusività e la sensazione è che una mamma da qualche parte c’è, ma questo, senza volerla per qualche motivo escluderla, non è il suo spazio.
Il
fatto che si tratti di un libro senza parole ne amplifica la portata
perché universalizza la narrazione e ogni lettore può fare la sua
lettura personale e trovare spunti di riflessione individuale. Anche
per questo il libro, nella sua dolcezza, può risultare anche molto
forte, può risvegliare ricordi piacevoli, ma anche molto dolorosi,
può evocare situazione di grande amore, ma anche grandi sensi di
colpa. Si tratta, quindi, di un libro che, se pur leggibile anche con
i bambini, è dedicato, soprattutto, ai lettori adulti perché, nel
suo fulcro di significato tocca corde profonde sul tema universale
della cura affettiva e delle responsabilità familiari. Le
illustrazioni (e qui ricordo di non dimenticare di osservare
copertina, interni di copertina e la pagina del colophon),
rappresentando momenti di quotidianità, diventano potenti
contenitori di emozioni profonde: gioia, tristezza, amore e senso di
responsabilità.