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venerdì 1 dicembre 2023

Strumenti del mestiere: Leggere “IO E PEPPER” alla luce di ALFABETO ALEMAGNA.


Hamelin (cur.)

Alfabeto Alemagna

Topipittori, 2023.


Beatrice Alemagna

Io e Pepper

Topipittori, 203. 48 p.

Età +7

 

Nella rubrica “Letto per voi” sul settimanale Vita Trentina ho presentato e commentato brevemente “Io e Pepper” di Beatrice Alemagna. Questo è il link.

Qui desidero tornare qui su alcuni aspetti di quel libro alla luce di “Alfabeto Alemagna”, interessante pubblicazione che Hamelin ha curato e Topipittori ha pubblicato per condividere l’esperienza che è stata la creazione della mostra “Le cose preziose. L’ostinata ricerca di Beatrice Alemagna”, realizzata in occasione di Bologna Children’s Book Fair e Boom! Crescere con i libri 2023. Una sorta di dizionario che offre in maniera alternativa una lettura dell’intera poetica di questa autrice e illustratrice, tenendo traccia dei fili visibili e invisibili che legano i suoi lavori.

In “Io e Pepper” si riconoscono chiaramente gli elementi narrativi e artistici corrispondenti ai seguenti lemmi di questo alfabeto tanto fantastico quanto reale.

ABBRACCIO. Iniziamo con un una parola che prende potenza nel finale di “Io e Pepper”. Qui non si tratta di un abbraccio tra persone, ma dell’abbraccio tra l’Io protagonista e la sua nuova amica cagnolina. Nella poetica di Beatrice Alemanga, come scrive Emilio Varrà, a proposito di questo lemma, l’abbraccio incarna la fisicità in un “contatto fisico, nel desiderio di far aderire il più possibile il corpo a quello dell’altro, di sentire la pressione e il calore dell’altro. Una sorta di tuffo o di stato immersivo, perché quella dell’abbraccio, più che un’azione, sembra una condizione: il ritorno a un pura fusionalità, a uno stato originario. (…) Più ancora che di un ritorno a casa dopo l’avventura, è il segnale del primo riconoscimento di una casa, dell’aver trovato il proprio posto” (p. 9). E qui l’Io bambina trova la sua nuova dimensione con la sua nuova amica cagnolina, Perlina. E’ un abbraccio che segna il punto di chiusura della storia di Io con Pepper e l’inizio di chissà quali nuove avventure.

ANIMALI. - “(…) gli animali popolano le tavole e le storie di Beatrice Alemagna fin dagli esordi, rappresentando un fil rouge persistente e profondo nella sua poetica. Ora sono protagonisti indiscussi del racconto, ora personaggi secondari che rappresentano tuttavia interlocutori fondamentali dei protagonisti, trampolini di lancio per improvvise prese di coscienza e vettori del cambiamento” (p. 15). L’arrivo della cagnolina Perlina segna per l’Io narrante il coronamento di un sogno e, allo stesso tempo, l’inizio di una nuova fase della sua giovane vita. Non per nulla il colore fluo della cagnolina è esattamente uguale a quello della crosta Pepper e dei capelli della bambina. Tre punti di un triangolo che trova completamento. Dal momento in cui la bambina era piccola e piangeva per essersi fatta male, alla bambina che si sente grande, o, almeno diversa da prima, perché adesso, finalmente, ha un cagnolino tutto suo.

DISGUSTO – “C’è tantissimo disgusto nei miei libri , sai che me ne sono accorta da poco? C’è sempre una persona disgustata ” (p. 61), scrive Beatrice Alemagna e così in “Io e Pepper”: “La crosta mi è venuta, ma non era mica bella. Sembrava cuocere lentamente sul mio ginocchio. Come un hamburger: ma non di quelli da mangiare”… . Ogni commento è superfluo.


ESTERNI/INTERNI
– “La dialettica tra spazi interni ed esterni è un elemento chiave nella poetica di Beatrice Alemagna” (p. 63), scrive Martino Negri (…) “Nei suoi albi gli spazi – siano essi interieurs domestici o esterni – non sono mai fondali, ma qualcosa di intimamente necessario alla logica del racconto, meditato a lungo e costruito con attenzione, veri e propri personaggi – potremmo dire – co-protagonisti del racconto”. (p. 64). Anche in “Io e Pepper” dentro e fuori, interno ed esterno hanno un ruolo fondamentale nella narrazione. Come di solito accade, anche qui il fuori è il luogo dell’avventura, dello sconosciuto, della scoperta e il dentro è il luogo della calma, della cura, del conosciuto che dà sicurezza (ma anche noia, talvolta). L’Io bambina si fa male fuori casa e dentro casa viene consolata e curata dal papà. Fuori, in città con la mamma, chiede quanto ci vorrà prima che la crosta si stacchi, ma è dentro, in casa, che la mamma mette la crema per velocizzare la guarigione. Fuori, al parco, la bambina litiga con la la crosta che non vuole cadere, dentro, a casa della nonna, aspetta di guarire …. Tutto il libro è una continua dialettica tra dentro e fuori, spazi che non sono in opposizione, ma si compenetrano dando completezza alla narrazione.

INFANZIA – In “Io e Pepper” troviamo un perfetto esempio di quella che Giordana Piccinini elenca come terza diramazione in cui si declina il termine infanzia nell’opera di Beatrice Alemagna, e cioè “l’infanzia che si incarna in personaggio e che traduce in azione quella che per una certa parte della produzione di Alemagna riusciva a porsi solo come domanda” (p. 87) La domanda è il titolo del suo famoso “Che cos’è un bambino?”. Di questa forma di infanzia è testimonianza Io e Pepper”, in cui, come in altre recenti pubblicazioni, la narrazione è in prima e non in terza persona, per cui la focalizzazione narrativa non è esterna, ma interna e così il punto di vista. In queste storie sono le e i protagonisti a prendere il timone e a governare i testi come le azioni, a fondere in un’unica soluzione il corpo e la voce, le parole e le figure” (p. 88).

POSTURE – In “Alfabeto Alemagna” il commento a questo lemma da pagina 114 a pagina -117 è completamente delegato a quattro tavole di schizzi tratti dallo Sketchbook 2019 e dallo Sketchbook 2016 dell’autrice. Le pagine in cui l’Io narratore di “Io e Pepper” osserva le croste degli altri bambini, paragonandole alla sua, “So bene che tutti i bambini hanno delle croste, anche molto strane, e brutte, ma la mia era la peggiore di tutti”, rimandano direttamente a questo tipo di analisi e realizzazione grafica. Allo stesso tempo tutte le posizioni che la bambina assume nel corso della narrazione, se messe insieme, rappresenterebbero il risultato finale di altri schizzi di prova. Certo è che l’abilità di Beatrice Alemagna di rappresentare i bambini e le posizioni tipiche che assumono è veramente profonda. Al vederle, i bambini ci si riconoscono, gli adulti le riconoscono, ricordano e sorridono.

TEXTURESNel libro stampato la materialità delle tecniche utilizzate – il suo spessore, la lucentezza, la grana – scompare dietro il processo di riproduzione che livella tutti i volumi o le irregolarità sullo stesso piano. Il libro offre una superficie piana, liscia, che appiattisce tutta la ricchezza plastica contenuta nella materia utilizzata dagli illustratori. Fra loro alcuni ritengonoche il vero originale sia il libro stampato e utilizzano le tecniche per avvicinarsi il più possibile a questo dato. Altri, al contrario, cercano, nonostante tutto, di trasmettere qualcosa della materialità del loro medium, forzando lo schermo piatto della pagina. Beatrice Alemagna è una di queste.” (p. 151). Così scrive Sophie Van der Linden nella descrizione di questo lemma e questo è ciò che chiaramente si osserva nei libri di Beatrice Alemagna, anche nella loro evoluzione. Anche in “Io e Pepper” si percepisce la texture materica delle sue immagini in cui pastelli e matita mantengono le caratteristiche del loro tratto: le illustrazioni risultano quindi ruvide, dal tratto irregolare, un po’ spezzettato. Aprendo le pagine l’impulso è quello di passare con le dita sulle figure, toccarle per coglierne direttamente col tatto la corposità, lo spessore, la consistenza. Se si guarda, per esempio, la doppia pagina che ritrae la nonna, l’idea chiaramente è quella di un golfino morbido, del fieno ruvido, del tetto freddo di lamiera. Tutto ha il suo peso, la sua definizione.

Leggendo e osservando i libri di Beatrice Alemagna in ordine di creazione e pubblicazione, si percepisce chiaramente l’evoluzione del suo stile, della sua poetica, della sua narrazione e si coglie il filo che li accomuna. Rimane ferma, però, in tutti, l’idea che il mondo bambino è un mondo a sé e così deve rimanere e in quanto tale deve essere rispettato. Di fronte a questo l’indubbio valore artistico dei suoi linguaggi e tutto ciò che se ne può dire, passa in secondo piano ed emerge la profonda sensibilità che l’autrice ha nel raccontare l’infanzia in tutte le sue sfaccettature.

e.v. 01.12.2023

Hamelin (cur.)

Alfabeto Alemagna

Topipittori, 2023.

 

Beatrice Alemagna

Io e Pepper

Topipittori, 203. 48 p.

Età +7

giovedì 23 febbraio 2023

DELLA VITA E DELLA MORTE

Piangi cuore, ma …

Glenn Ringtved e Charlotte Pardi (ill.) con la traduzione di Claudia Valeria Letizia

Orecchio Acerbo, 2023 -

Età: 7+

I grandi temi sono presenti nei libri per i bambini. Da sempre. Ogni tanto in opere edulcorate, fuorvianti e riduttive, sia del testo sia dei lettori, a volte in opere didascaliche e molto pragmatiche ad uso soprattutto degli adulti che vogliono un libro su un tema specifico per “trattarlo” con i bambini, altre volte, per fortuna, in opere ispirate e “centrate” capaci di entrare nell’argomento difficile senza falsità, senza pretesa di spiegazioni a tutti i costi, ma presentando, mostrando, avvicinando con onestà il tema attraverso di solito una storia di qualità piacevole da leggere.

E’ questo il caso di “Piangi cuore, ma …” di Glenn Ringtved e Charlotte Pardi.

La storia racconta di quattro bambini seduti a tavola con una figura lugubre dal mantello nero, mentre di sopra nel suo letto, la loro nonna sta male. La figura scura è la morte ed è venuta a prendere la nonna. Pensando che la morte debba andarsene prima del giorno, i bambini la trattengono in cucina con del caffè perché si faccia tardi e debba scappare senza portarsi via la nonna. La morte capisce l’intento dei piccoli e con una storia lieve e delicata spiega loro come e perché la morte fa parte della vita e il perché è importante che assieme alla gioia e alla felicità, le persone provino anche il dolore e la tristezza. I bambini capiscono in modo diverso la storia raccontata dalla morte, ma tutti sono convinti che abbia ragione. Così la figura scura si allontana dalla finestra con l’anima della nonna lasciando un vento leggero che muove la tenda. Adesso ogni volta che le tende si muovono per l’aria che entra i piccoli sentono la carezza della nonna e ricordano la consolazione che la morte ha in fondo dato loro prima di andarsene sussurrando le parole “piangi cuore, ma non ti spezzare”. 

 

 

Leggendo queste pagine, non si può non pensare al bellissimo “I pani d’oro della vecchina” pubblicato nel 2012 da Topipittori, scritto da Annamaria Gozzi e illustrato da Violeta Lopiz. Un’altra storia che affronta il tema della morte, oggi quasi tabù quando si parla di materiali per bambini. Lo fa in modo poetico, senza dramma: la morte arriva perché deve arrivare, naturalmente e senza portare alcuna paura. Un giorno alla porta di una vecchina bussa un’ospite inattesa: un’ombra scura che vorrebbe portarsela via. Ma, non è il momento: la vecchietta, abile pasticcera deve preparare i dolci di Natale, che nessuno sa fare meglio di lei. L’ombra si indispettisce, poi però ne mette in bocca uno, poi un altro... e si accorge di non aver mai assaggiato niente di simile. Così la protagonista non fugge al suo destino, semplicemente allunga un po’ il tempo per arrivare al momento giusto per andare. Qualcosa di più qui: I pani d'oro della vecchina

 

Piangi cuore, ma …

Glenn Ringtved e Charlotte Pardi (ill.) con la traduzione di Claudia Valeria Letizia

Orecchio Acerbo, 2023 -

Età: 7+


I pani d’oro della vecchina

Annamaria Gozzi e Violeta Lopiz (ill.)

Topipittori, 2012 – 32 p.

Età: 7+


sabato 19 febbraio 2022

ADDIO BIANCANEVE

Beatrice Alemagna

Addio Biancaneve

Topipittori, 2021. 96 p.

da 10 anni

Aprire il libro “Addio Biancaneve” di Beatrice Alemagna è come fare un doppio viaggio. Un viaggio all’interno della (presunta) nota fiaba di Biancaneve e un viaggio in una mostra d’arte contemporanea. In entrambi i casi un’esperienza estetica che prima incuriosisce, poi sconcerta e, infine, affascina. Uscire dalle piste del conosciuto, del normale, del politically correct è sempre una sfida per chi la fa, per chi la accoglie, per chi ci viene coinvolto suo malgrado. E il risultato può essere appagante, ma anche devastante.

 Prima di tutto descriviamo questo lavoro. Si tratta di un libro illustrato di grandi dimensioni rilegato a filo, tecnica che permette l’apertura completa delle pagine e quindi una visione delle tavole senza interruzioni, pieghe o parti seminascoste. Le grandi tavole dipinte ad olio si alternano alle pagine con il testo, nel rapporto uno a quattro: una doppia pagina di testo, quattro doppie pagine di tavole. Tra testo e immagini c’è una stretta relazione che, però, va scoperta memorizzando bene le parole prima di osservare le figure che le seguono. Come scrive chiaramente nell’introduzione l’autrice, l’idea è quella di raccontare la vera, violenta e crudele storia di Biancaneve, in prima persona dal punto di vista della regina cattiva, la matrigna, per entrare in profondità nella fiaba e scoprire la verità di chi fosse vittima e chi carnefice in quella vicenda.

La prima considerazione da fare è che questo libro illustrato non è per bambini o, perlomeno, per bambini troppo piccoli. Secondo punto: la fiaba di Biancaneve non è quella edulcorata di Walt Disney. Terzo: il punto di vista da cui è raccontata cambia una storia, a volte anche sostanzialmente.

Nonostante siano sempre proposte ai bambini, si sa che le fiabe non sono testi pensati per loro se considerati nella loro versione originale. Trasposizioni, adattamenti, riduzioni non sono le fiabe ed è per questo che vengono proposte ai piccoli. Beatrice Alemagna ci offre la fiaba di Biancaneve, se pur, come vedremo tra un po’, da un punto di vista diverso, nella versione originale come l’hanno raccolta e scritta i fratelli Grimm. Non troviamo, perciò, né simpatici nanetti, né bellissimi principi, né risvegli con baci, né matrigne costrette a vivere da streghe per il resto dei loro giorni. C’è una matrigna cattiva, c’è una ragazza che scappa nel bosco, ci sono dei nani lavoratori che se la ritrovano in casa e non sono all’inizio del tutto convinti della sua presenza. C’è una ragazza giovane più ingenua che buona, ci sono dei calzari di ferro roventi ai piedi della matrigna che la fanno morire tra le pene più terribili. Tutto questo narrato a parole e ripreso dalle tavole. Tavole intense, scure, violente e crudeli in cui nulla, o quasi, del malvagio è lasciato all’immaginazione. Violento anche il contrasto tra i colori scuri che le pervadono quasi tutte e quasi completamente e il colore arancione o fuxia fluo di alcuni particolari. Colori fluo che sono segno caratteristico degli ultimi lavori di Beatrice Alemagna, ma che non sono fine a se stessi nella composizione artistica. Servono a evidenziare il contrasto bene/male che pervade la fiaba, o a contrassegnare le contraddizioni di letture diverse dei singoli eventi, o a segnalare la presenza salvifica di elementi esterni “osservanti” che interpretano ciò che vedono. Sia i testi sia le tavole presentano una ricerca profonda di significati e di modi per esprimerli. 

 

 La riscrittura della fiaba dal punto di vista della matrigna, della regina gelosa della gioventù e della bellezza di Biancaneve, ha significato per l’Alemagna scandagliare l’idea di bene e di male che la fiaba contiene, evidenziare le paure, le inquietudini e il dramma che racconta insieme alla fantasia e alla magia con cui le racconta. Solo in questo modo si può comprendere o almeno dare un’interpretazione alla ferocia, all’animalesco, al terribile che l’animo umano può nasconderne. Facendo esperienza (diretta o di lettura) di questo aspetto scuro, si cresce. Ed è questo che le fiabe riescono a far fare. Le fiabe nella loro versione originale sono dense di terrore, crudeltà, paure e incubi. Ma, allo stesso modo, a tempo debito, offrono aiuto e vie di fuga. Cambiarle, semplificarle, alleggerirle non ha senso. Si devono proporle ai ragazzini in tutta la loro complessa e crudele verità.

 Per entrare meglio in questo lavoro di Beatrice Alemagna, vi consiglio la lettura dell’intervista sul blog dell’editore Topipittori, in cui l’artista racconta l’origine e lo sviluppo di questo suo libro. Leggendola si capiscono molte cose e molte cose si vedono con occhi diversi.


martedì 20 ottobre 2020

LA MAGIA DEL GIOCO


Alessandra Lazzarin

Un gioco da ragazze

Orecchio Acerbo, 2020. 36 p.

Consigliato da 4 anni

Tanto si legge e si sente riguardo il gioco, il gioco libero, il gioco all’aperto e l’importanza della fantasia in questa “attività bambina”. Giocare a “far finta che ero”, immedesimarsi in personaggi diversi da se stessi, interpretare situazioni e dialoghi, interagire con altri bambini e risolvere insieme le più diverse questioni, sono i punti cardine del gioco “buono” che fa crescere, il gioco che non conosce limiti e imposizioni di regole o contesti strutturati. Gli adulti di oggi hanno nostalgia di questo tipo di gioco e l’impressione è che i bambini adesso non abbiano più così tante occasioni di dedicarvisi, impegnati come sono in mille altre attività che riempiono gran parte del loro tempo. Per fortuna non è così, o, almeno, per molti bambini non lo è: la grande risorsa dell’infanzia è quella di riuscire a cogliere anche i minimi momenti, anche gli input più sottili per creare un mondo, per liberare l’immaginazione. Forse i bambini non possono fare questo sempre, forse non possono farlo a lungo, forse rischiano di perdere questa loro grande e importante capacità perché non opportunamente sostenuta e incentivata. Certo è che per crescere bene è fondamentale poter giocare e farlo bene.

Giocare in libertà non è un problema per le tre bambine protagoniste di “Un gioco da ragazze” di Alessandra Lazzarin pubblicato da Orecchio Acerbo. Si tratta di due gemelline e una cuginetta che hanno la fortuna non solo di avere una nonna da andare a trovare, ma di avere una nonna con un grande giardino dove possono giocare liberamente. Sulle pagine di questo albo di grandi dimensioni prende vita il mondo fantastico che le tre bimbe riescono a creare in autunno e in estate: un bosco pieno di animali selvatici, un mare da solcare a bordo di una barca a vela, la pista di un circo, la giungla rigogliosa regno di tigri e serpenti, una pista da go-kart e la schiena di una balena in mezzo all’oceano. Questi mondi fantastici sono frutto della loro immaginazione e nella realtà corrispondono a un prato pieno di foglie gialle dell’autunno, allo stenditoio con le lenzuola stese ad asciugare nel vento, all’erba dove fare le capriole, alle siepi fitte di arbusti intorno al giardino, alla stradina percorsa in bici e alle tinozze da bucato piene di acqua. I mondi fantastici si alternano sulle pagine agli ambienti reali in un gioco intrecciato di realtà e fantasia dove non c’è posto per la noia. E’ come se fossero necessari due livelli per sviluppare la narrazione, per far convergere sullo stesso piano ciò che gli adulti vedono e ciò che, invece, crea la fantasia delle bambine.

Uno sviluppo naturale di mondi che si intrecciano tra loro dal momento in cui le piccole scendono dalla macchina al momento in cui ci risalgono per tornare a casa. Nemmeno in macchina, però, la realtà ha il sopravvento al cento per cento e segno ne è la lunga coda a righe che sbuca dal finestrino.

Quando si fa sera, si torna a casa” sono le ultime tra le pochissime parole che troviamo in questo libro e il saluto “Ciao nonna!”, una chiosa che sembra mettere fine alla storia (che storia veramente non è). Sembra. Perchè bisogna girare anche l’ultima pagina per scoprire che “… quello dell’immaginazione, non è un gioco da ragazzi!”

Scopo di questo albo illustrato leggero ed evocativo come la tecnica dell’acquerello utilizzata dall’autrice, non è certo opporre la capacità immaginativa delle bambine a quella dei bambini. Alessandra Lazzarin ha qui dipinto le sue due bambine, la loro cuginetta e il loro vivere con fantasia il giardino della nonna: un mondo d’infanzia al femminile dolce e affettuoso che, fissato sulla carta, non rischia di venir dimenticato.

Questa proposta di Orecchio Acerbo è un albo illustrato da guardare con i bambini perché è divertente scoprire insieme ciò che le bambine riescono a immaginare, ed è interessante lasciare loro interpretare le due immagini presenti in copertina. Ma è anche un libro per i grandi, da sfogliare da soli per ricordare con nostalgia la spensieratezza e il divertimento di un pomeriggio di libertà in un giardino all’aperto.

Impossibile, a questo punto, non ricordare un altro bellissimo lavoro dedicato al gioco, all’immaginazione, a un pomeriggio apparentemente “vuoto” perché non organizzato: Un grande giorno di niente di Beatrice Alemagna, pubblicato da Topipittori nel 2016. Ne ho scritto qui

 

Beatrice Alemagna

Un grande giorno di niente

Topipittori, 2016 – 48 p.

Consigliato da 5 anni

lunedì 11 novembre 2019

Strumenti del mestiere: UNA FRESCURA AL CENTRO DEL PETTO

 Una frescura al centro del petto : l'albo illustrato nella crescita e nella vita interiore dei bambini - Silvia Vecchini. Topipittori, c2019. ‑ 267 p. (I topi saggi ; 2)

Gli albi illustrati sono strumenti privilegiati per comunicare con i bambini, che nei primi anni di vita interpretano e conoscono il mondo attraverso il pensiero magico e trovano nelle storie uno "spazio ospitale" in cui organizzare il proprio immaginario, in grado di accogliere domande e curiosità, di contenere visioni diverse, all'altezza della loro profonda ricerca di senso. Uno spazio ospitale anche per l'adulto, che permette di entrare in contatto con il pensiero infantile di fronte alle grandi domande. Un saggio ricco di riflessioni, bibliografie, immagini. 

Una frescura al centro del petto. Topipittori 


Una frescura al centro del petto. Milkbook 

giovedì 4 aprile 2019

Strumenti del mestiere: A SCUOLA CON GLI ALBI

 A scuola con gli albi. Insegnare con la bellezza delle parole e delle immagini. Antonella Capetti. Topipittori, 2018. 242 p. (I topi saggi; 1) €20,00


Lì dove le parole e le immagini concorrono a creare storie, ispirate alla realtà o fantastiche, il bambino e l’adulto possono cercare e trovare bellezza, risposte e senso alle grandi domande che caratterizzano la crescita (…) L’albo illustrato diventa non solo mezzo attraverso cui insegnare e imparare, ma un compagno con cui i bambini acquistano col tempo sempre maggior dimestichezza, praticando prima l’ascolto, poi la lettura autonoma, acquisendo quella capacità di leggere parole e immagini che tanta parte avrà nella costruzione di competenze elevate, come osservare e interpretare la realtà che ci circonda nelle sue molteplici forme e manifestazioni, costruire un pensiero originale e critico, capace di confrontarsi costantemente con l’altro da sè

Partendo da questo presupposto l’autrice conduce il lettore all’interno dei percorsi didattici da lei creati per le sue classi e descritti anche in forma di diario scolastico nel suo blog APEdario , offrendo occasioni di riflessione, ma soprattutto tanti spunti di lavoro per gli insegnanti della scuola primaria.

Non è un libro sulla promozione alla lettura nel senso comune del termine, ma sulla promozione alla lettura come competenza e strumento da cui partire per affrontare le diverse situazioni didattiche mettendo al centro il bambino e dando valore all’esperienza prima che ai suoi risultati.

Consigliato a tutti gli insegnanti che amano i libri, le storie, le parole e la loro bellezza.