giovedì 23 dicembre 2021

Strumenti del mestiere: NEUROPSICOLOGIA DELLA LETTURA

Davide Crepaldi.

NEUROPSICOLOGIA DELLA LETTURA. Un’introduzione per chi studia, insegna o è solo curioso.

Carocci, 2021 (rist.) - 147 p.

La lettura è un’attività molto complessa che il nostro cervello riesce a fare velocissimamente. In media le persone sono in grado di leggere 240 parole al minuto e identificare circa 20 lettere in meno di 200 millisecondi. La capacità di lettura, però, non è innata, non ha basi genetiche, non è frutto dell’evoluzione, come lo è, invece, il linguaggio orale. La lettura (come la scrittura) non ha delle strutture celebrali ad essa predisposte: il linguaggio scritto è un prodotto culturale e come tale deve essere appreso. Con un’adeguata istruzione tutti possono diventare dei buoni lettori.

Il segreto sta nella grande capacità e plasticità del nostro cervello che con una forma di “riciclaggio” neurale, ci permette di imparare a leggere e scrivere. Il cervello, cioè, ricicla strutture che l’evoluzione biologica ci ha dato per elaborare stimoli visivi come gli oggetti e i volti, e le ri-focalizza per l’identificazione di lettere e parole.

Dall’input visivo, il cervello identifica le lettere e le loro combinazioni in elementi noti potenzialmente portatori di significato, riconosce, cioè la parola, ma non le attribuisce ancora un significato. In un secondo momento il cervello associa la parola ad un significato mettendola in relazione con il bagaglio di conoscenze preesistenti (ricordi, esperienze, emozioni …) e, infine, passa all’associazione dei segni grafici ai suoni corrispondenti per comporre la stessa parola nel linguaggio orale. Tutto ciò avviene in un lasso di tempo infinitamente piccolo e in maniera per noi inconsapevole, una volta che si è imparato a farlo. Sembrano passaggi facili, così descritti, ma in realtà implicano una complessa serie di attività cerebrali che vanno apprese/insegnate. Questi tre momenti del processo di lettura sono, inoltre, strettamente connessi, ma anche funzionalmente indipendenti.

Un capitolo del libro è dedicato alla lettura su carta e su video con la spiegazione che in realtà il processo in sé di lettura, dal punto di vista cognitivo, non cambia al cambiare del supporto su cui si legge. Ciò che cambia è il rapporto tra i sistemi di riconoscimento visivo delle parole e la loro interazione dinamica con il resto del sistema cognitivo (memoria e attenzione, per esempio), ed è a questo livello che emergono importanti differenze neurocognitive tra lettura su carta e su video. La nostra memoria, per esempio, è aiutata dalla percezione spaziale dell’informazione (in alto sulla pagina, al centro del libro, …) e dalle altre informazioni sensoriali che possono arrivare nel tenere in mano un libro, sfiorare la carta, sentirne l’odore. Allo stato attuale della ricerca, sembra che le differenze di lettura rispetto al supporto siano legate al tipo di testo che si vuole leggere e allo scopo per cui si legge.

Queste ricerche, però, sono ancora agli inizi e molto è ancora da capire e dimostrare.

Le ultime pagine del libro, infine, sono dedicate alla dislessia analizzata in base alla definizione del “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali” (DSM) dell’American Psychiatric Association (2014), che la presenta come “disturbo dell’apprendimento delle capacità di decodifica in lettura, in assenza di altri disturbi più generali che possano giustificare la difficoltà del bambino.

Partendo da ciò molte e molto interessanti sono le osservazioni e i ragionamenti che si possono fare in funzione dell’apprendimento e dell’insegnamento della lettura.

Come dice il sottotitolo, questo non è un libro per specialisti, ma per chi, insegnanti, studenti, genitori, persone curiose, vuole conoscere qualcosa in più su questo complesso processo che è la lettura. Partendo da queste pagine, poi, molte sono le indicazioni bibliografiche proposte per l’approfondimento.


mercoledì 15 dicembre 2021

DEL POTERE DELLE PAROLE SCRITTE

E’ dimostrato che dare espressione scritta ai propri pensieri ed emozioni rispetto a situazioni dolorose o traumatiche, ma anche piacevoli e appaganti, contribuisce al benessere delle persone. Come sostengono gli psicologi, per sua natura, la mente umana tenta costantemente di comprendere il mondo che la circonda e ciò che accade all’individuo. Due sistemi che efficacemente aiutano ad arrivare a questa comprensione sono la lettura e la scrittura. Leggere favorisce l’empatia e il riconoscimento delle emozioni, suggerisce possibili interpretazioni e reazioni alle situazioni e offre la possibilità di guardare “da fuori” una specifica realtà ed analizzarla, prendendo eventuali posizioni nei suoi confronti senza la necessità di essere direttamente coinvolti (facendosi, però, coinvolgere). Leggere è una sorta di “allenamento” alle emozioni e alla loro gestione. Allo stesso modo la scrittura è un aiuto a far chiarezza in se stessi e nei confronti delle situazioni vissute. Dare voce ai pensieri, tradurli in parole è un processo di elaborazione che obbliga la mente a razionalizzarli e quindi a dare loro un ordine. Un foglio e una penna possono venire in aiuto per uno sfogo, ma anche per un’interpretazione del proprio vissuto, delle situazioni difficili o piacevoli che si stanno vivendo.

Questo sulla scrittura è un po’ il punto focale della storia di Leigh Botts, il ragazzino protagonista di “Caro Mr. Henshaw” che, per compito, inizia una corrispondenza con l’autore del suo libro preferito e pian piano la trasforma in un diario personale, in cui si legge chi è, la sua crescita, le sue emozioni, il modo in cui ha affrontato i piccoli e grandi problemi della sua giovane esistenza.

Leigh è in prima media in una scuola nuova e vive con sua madre. Non è un bel momento per lui: si sente solo, è triste perché non vede quasi mai suo padre ed è anche arrabbiato perché un misterioso ladro gli ruba ogni giorno parte del pranzo. Non è molto convinto quando la professoressa gli assegna il compito di scrivere una lettera a un autore, ma non può esimersi e invia una lista di domande a Mr. Henwshaw, autore del suo libro preferito fin dalla quarta elementare. Leigh rimane sconcertato dalla risposta dell’autore piena, a sua volta, di altre domande alle quali l’uomo aspetta risposta. Rispondere a queste domande cambia molte cose nella vita del ragazzino, gli fa acquisire maggiore consapevolezza di sé, degli altri e delle situazioni in cui viene a trovarsi.

Nei testi del ragazzino ci sono sorrisi, lacrime, divertimenti, paure, sogni, amicizie, sconforto e soddisfazione, fiducia, speranza e illusione. Sono testi che crescono con lui e via via si fanno più curati e intensi, rimanendo, comunque, essenziali, senza elementi inutili. Accanto a questo, il romanzo offre molti spunti per scrivere bene e diventa una specie di vademecum per giovani scrittori, che, con leggerezza, mostra come si scrive, perché si scrive, cosa si scrive.

Una sorta di manuale di scrittura è anche “Come ho scritto un libro per caso” di Annet Huizing. “Show, don’t tell”, cioè, “mostra, non raccontare”, è, infatti, uno dei tanti consigli che la famosa scrittrice Lidwien dà a Katinka, la ragazzina protagonista. E Katinka, che vuole diventare scrittrice, impara a farlo benissimo. Katinka ha tredici anni e ha perso la mamma da piccola. Vive con suo fratello e suo padre. Katinka ama scrivere da sempre. E’ ricca di fantasia e la sua testa è piena di storie. Sogna di pubblicare un libro, ma, non sapendo da che parte cominciare, chiede aiuto all’anticonformista Lidwien, sua vicina di casa, una donna ricca di umanità, che riesce a trasmetterle le sue esperienze di narratrice e a darle utili indicazioni per scrivere bene. Nella vita di Katinka entra, intanto, anche Dirkje, una giovane donna di cui il padre si innamora. Per Katinka non è facile accoglierla: sono ancora troppo vivi in lei la memoria del passato e l’amore per sua madre. Nel corso del romanzo, però, Katinka, grazie alla passione per la scrittura e ai consigli di Lidwien, cresce e, lasciando tempo al tempo, pian piano ogni cosa per lei si sistema.

Al di là della qualità della storia e di come è scritta, la narrazione della vicenda di Katinka costituisce un vero e proprio manuale di scrittura creativa con idee, suggerimenti e consigli per scrivere un buon libro con tecniche narrative efficaci, dialoghi ben costruiti, cura nella scelta delle parole, presenza di diversi punti di vista e eliminazione del superfluo, accettando anche di mettere in discussione quanto scritto. Un buon libro che ben esplicita ciò che lo rende tale.

In queste due storie emerge bene il tema della scrittura come forma di conoscenza, di interpretazione e anche di svago, come mezzo in cui perdersi e ritrovarsi.

Due storie che rispettano i loro protagonisti in quanto bambini o adolescenti “veri”, rispettando contemporaneamente i loro lettori. Sono libri che parlano di queste età così come sono, senza ammaestramenti e istruzioni, presentando infanzia e adolescenza non come condizioni da migliorare, ma da accogliere e sostenere nei vari passaggi di crescita.

Legato al tema della scrittura è anche " Dieci lezioni sulla poesia, l’amore e la vita di Bernard Friot, presentato qualche tempo fa su questo blog. Si tratta di un’altra lettura molto significativa sul potere della lettura, della scrittura, della letteratura e delle parole, poesia nello specifico. Poesia intesa come ricerca di parole, di ritmi, di suoni il cui accostamento crea bellezza e, allo stesso tempo, comunica e interpreta stati d’animo, pensieri, emozioni.

 

 

 

 

 Beverly Cleary con la traduzione di Susanna Mattiangeli e le illustrazioni di Vittoria Dalla Torre

Caro Mr. Henshaw

Il Barbagianni, 2021.13 p.

dai 9 anni


Annet Huizing – traduzione di Anna Patrucco Becchi

Come ho scritto un libro per caso

La Nuova Frontiera Junior, 2018 – 155 p.

dai 12 anni


Bernard Friot

Dieci lezioni sulla poesia, l’amore e la vita.

Lapis, 2016 – 177 p.

dai 10 anni