Niente da fare
Silvia
Borando
Minibombo,
2020 – [44 p.]
Di
una semplicità geniale, sorprendente e disarmante: queste potrebbero
essere le parole da usare per descrivere i libri di Silvia Borando.
Che abbiano le parole (poche di solito) o no, come “Niente da
fare”, sono sempre una sorpresa. Il tratto grafico è
inconfondibile, lineare, pulito, poveramente ricco di dettagli: nulla
in più di quanto serve perché le figure siano chiare, facilmente
leggibili, comunicative, ma non sciatte o banali. I pochi colori sono
abilmente utilizzati “a macchia” per i particolari più
interessanti, decisivi, però, per lo sviluppo della narrazione.
Aspetto fondamentale della tecnica narrativa è, poi, il gioco con
lo “spazio fisico” delle pagine, interpretato come spazio reale
della storia. Elementi importanti sono quindi i bordi delle pagine,
la rilegatura centrale e il movimento delle figure a cavallo di
questi. Altrettanto importante per lo sviluppo coerente della storia
è la perfetta padronanza della cosiddetta “grammatica” delle
figure, per cui movimenti, azioni ed emozioni dei personaggi sono
tutti resi attraverso piccoli segni grafici, la perfetta posizione
delle figure nello spazio e la loro studiata direzionalità.
Le
storie di Silvia Borando sono accattivanti, perché in poche pagine
creano situazioni che sanno trattenere il lettore per vedere cosa succede e alla
fine si risolvono sempre in modo ironico, divertente, intelligente.
Questa
descrizione generale calza a pennello a “Niente da fare”,
libro senza parole pubblicato a febbraio da Minibombo. Il
protagonista, infatti, si trova in mezzo al nulla della pagina
bianca, niente e nessuno intorno a lui. Che noia! Non sa cosa fare.
Improvvisamente, girando la pagina, davanti a lui compare un grande
sasso: che bello, ci sale sopra e alza le braccia in segno di
vittoria. La gioia, però, dura poco: il sasso non è un sasso, ma
una tartaruga gigante che, sentendo il peso del bambino, si alza
scocciata e se ne va, facendolo cadere. Di nuovo una pagina bianca
davanti al bambino: che noia! Ma ecco sulla seguente un albero. Idea:
che divertente aggrapparsi ai rami più bassi e dondolare! Non è
d’accordo, però, l’alce che, spostandosi dall’albero, rivela
che i rami in realtà sono le sue corna. Così il nostro protagonista
è ancora solo sulla pagina bianca e via via, passando sulle pagine
seguenti troverà altre cose interessanti: un fiore rosa, una pallina
rossa, un cavallo e, infine, una porta scura. Tutto questo, però, si
rivela essere qualcosa di diverso da ciò che il bambino pensa.
Scoprire ciò che quegli oggetti sono veramente, è sempre più
divertente, almeno per chi sta leggendo il libro. Non può mancare
l’inaspettato ribaltamento finale di tutta la storia, perché
quando in giro non c’è niente da fare … qualcosa da fare prima o
poi salta fuori!
Questa
storia racconta una tipica situazione bambina: le pagine bianche sono
paragonabili al tempo vuoto (di solito poco per i bambini dei nostri giorni, tranne che in questo periodo di emergenza Covid-19) di un ragazzino che, finiti i compiti o fatto tutto quello che
poteva interessargli, non sa cosa fare e non ha nessuno con cui
prendere nuove iniziative.
E’
noioso stare senza giocare, perciò, tipicamente bambino è anche
l’uso della fantasia per trasformare oggetti quotidiani in
interessanti giochi nuovi.
Capita
a tutti, poi, grandi e bambini, di sbagliare e di confondere una cosa
per un’altra: su questo scambio ruota tutta la storia del bambino
con la maglietta a righe, già protagonista di “un altro libro
senza parole di Silvia Borando, “Il libro tutto bianco”,
pubblicato, sempre da Minibombo qualche anno fa.
Per
concludere è interessante notare che il libr non ha frontespizio ma
la storia inizia subito sugli interni di copertina e termina sulla
quarta, come se la vicenda non finisse lì, ma avesse un possibile
ulteriore sviluppo. Attenzione, infatti, alla pallina!
Silvia
Borando
Niente
da fare
Minibombo,
2020 – [44 p.] - € 12,90
consigliato
da 3 anni