
Mario
Boccia con
le illustrazioni di
Sonia Maria Luce
Possentini
La
fioraia di Sarajevo
Orecchio
Acerbo, 2021. 40p.
Età
8-99
anni
Le
storie più importanti sono quelle che “senti dentro”, quelle che
ti colpiscono come un treno in corsa, ti lasciano attonito, non
permettono di allontanarti.
Pur
sapendo dell’esistenza di questo albo illustrato, fino
all’altro giorno non avevo ancora avuto occasione di “incontrare”
“La
fioraria di Sarajevo”
di Mario Boccia con le illustrazioni di Sonia Maria Luce Possentini.
Ho
incontrato
e conosciuto
questa
storia
direttamente
dalle parole di Sonia Maria Luce Possentini, durante
una presentazione la
scorsa settimana a
Levico, in Trentino. E’ stato un incontro penetrante che, nella
prima parte
ha confermato e consolidato in me tante informazioni e impressioni
che avevo riguardo al lavoro di un illustratore, soprattutto
di un bravo illustratore, un artista che mette la sua arte “a
servizio” di una storia, non per raccontarla uguale al
testo ma
per interpretarla
in un altro modo o raccontarne
un’altra parte. Le illustrazioni, come diceva il grande maestro
Stěpán Zavřel
, citato dalla Possentini, devono lavorare per la narrazione e non
per la didascalia. Gli albi illustrati, sosteneva,
invece Kveta Pacovska,
illustratrice ceca, premio Andersen, citata anche lei dalla
Possentini, sono la prima galleria d’arte che visita un bambino: la
qualità è fondamentale. Fondamentali sono anche i contenuti e
le parole.
Ai
bambini servono
albi illustrati fantasiosi
e divertenti, ma anche albi e storie
su temi importanti (che nel pensare comune sono erroneamente
considerati
poco adatti per i più
piccoli).
Offrire
anche storie “impegnative” è una forma di
rispetto per i lettori di ogni età cui. Anche
ai più
piccoli, non si devono raccontare false verità, per non ferirli due
volte, considerandoli prima incapaci di capire e poi, quando
realizzano la bugia che gli è stata loro raccontata, farli
sentire
traditi. Non
è facile raccontare
queste storie,
ed è anche rischioso per autori ed illustratori, che possono venir
tacciati di essere “crudi”, “troppo realistici”, e, perciò,
“disturbatori” dell’essere bambino che merita serenità.
Essere
etichettati (e le etichette sono molto facili in Italia) come “quella
che fa le cose tristi”, secondo
Sonia Luce Possentini, può anche significare non
ricevere possibili
offerte
di lavoro.
E’
chiaro che
la scelta
dei temi e
la modalità con cui si propongono va
calibrata sul pubblico cui ci si rivolge, ma non per censurare,
edulcorare o manipolare, ma per comunicare tutto a tutti,
con
rispetto delle varie sensibilità. Il discorso sarebbe molto lungo e
forse un giorno lo possiamo anche fare. Ma adesso, per tornare a noi,
e
continuare con la seconda parte del suo intervento, consideriamo
che Maria Sonia Luce Possentini è stata molte volte interprete di
queste dure verità che vanno raccontate ai bambini per prepararli
anche a ciò che può far male. E
per raccontare
la verità
con parole e illustrazioni ci si deve preparare, non si può
inventare, si devono conoscere bene fatti, situazioni e luoghi. Le
illustrazioni “storiche” toccano tutti, servono a tutti, per
capire, per riflettere, e, forse, per poi non ripetere.
Due
esempi,
tra i (tanti?)
altri possibili:
il suo lavoro “Il
volo di Sara”,
col testo di Lorenza Farina edito da Fatatrac, sul
tema della Shoah,
e questo, “La
fioraia di Sarajevo”,
che è uscito a giugno 2021 con quello che si potrebbe dire un
tempismo tristemente
perfetto, per far riflettere oggi sulla guerra in Ucraina attraverso
ciò che è successo circa 30 anni fa nei Balcani.
La
storia del fotoreporter di guerra free lance, Mario Boccia, racconta
di quando lui un giorno del 1992 attraversa il mercato di Sarajevo.
Il suo sguardo incontra quello di una donna che vende piccoli fiori
fatti di carta: qualcosa di apparentemente inutile davanti a ciò che
sta succedendo. Ma lei c’è. E’ tutti i giorni al suo posto per
offrire un po’ di bellezza. Mario è colpito dagli occhi della
donna e scambia con lei alcune parole offrendole un caffè. Qualche
mese dopo il fotografo è di nuovo lì. Sarajevo è sotto assedio, ma
la fioraia resiste. Il reporter le chiede la sua nazionalità e lei
risponde “sono nata a Sarajevo”, allora, pensando di
riuscire a capire la sua etnia dal nome, lui le chiede come si
chiama. Lei scarabocchia qualcosa su un foglietto: "Fioraia".
Nessun nome, nessuna etnia.

Sono
queste due lezioni che il fotografo, e il lettore con lui, imparano
subito. Da allora, tornare a trovarla diventa per Mario un
appuntamento fisso cui non mancare. Fino al giorno in cui al suo
banco lei non c'è più.
Una
storia di dignità e resistenza. Una storia di parole, di
illustrazioni e di spazi bianchi. Una di quelle storie vere
davanti alle quali non puoi tirarti indietro, non puoi girarti
dall’altra e fare finta di non averle incontrate.
A questo LINK la storia da cui è nata l’idea
di questo albo illustrato e la fotografia della Fioraia scattata da Mario Boccia