martedì 20 ottobre 2020

LA MAGIA DEL GIOCO


Alessandra Lazzarin

Un gioco da ragazze

Orecchio Acerbo, 2020. 36 p.

Consigliato da 4 anni

Tanto si legge e si sente riguardo il gioco, il gioco libero, il gioco all’aperto e l’importanza della fantasia in questa “attività bambina”. Giocare a “far finta che ero”, immedesimarsi in personaggi diversi da se stessi, interpretare situazioni e dialoghi, interagire con altri bambini e risolvere insieme le più diverse questioni, sono i punti cardine del gioco “buono” che fa crescere, il gioco che non conosce limiti e imposizioni di regole o contesti strutturati. Gli adulti di oggi hanno nostalgia di questo tipo di gioco e l’impressione è che i bambini adesso non abbiano più così tante occasioni di dedicarvisi, impegnati come sono in mille altre attività che riempiono gran parte del loro tempo. Per fortuna non è così, o, almeno, per molti bambini non lo è: la grande risorsa dell’infanzia è quella di riuscire a cogliere anche i minimi momenti, anche gli input più sottili per creare un mondo, per liberare l’immaginazione. Forse i bambini non possono fare questo sempre, forse non possono farlo a lungo, forse rischiano di perdere questa loro grande e importante capacità perché non opportunamente sostenuta e incentivata. Certo è che per crescere bene è fondamentale poter giocare e farlo bene.

Giocare in libertà non è un problema per le tre bambine protagoniste di “Un gioco da ragazze” di Alessandra Lazzarin pubblicato da Orecchio Acerbo. Si tratta di due gemelline e una cuginetta che hanno la fortuna non solo di avere una nonna da andare a trovare, ma di avere una nonna con un grande giardino dove possono giocare liberamente. Sulle pagine di questo albo di grandi dimensioni prende vita il mondo fantastico che le tre bimbe riescono a creare in autunno e in estate: un bosco pieno di animali selvatici, un mare da solcare a bordo di una barca a vela, la pista di un circo, la giungla rigogliosa regno di tigri e serpenti, una pista da go-kart e la schiena di una balena in mezzo all’oceano. Questi mondi fantastici sono frutto della loro immaginazione e nella realtà corrispondono a un prato pieno di foglie gialle dell’autunno, allo stenditoio con le lenzuola stese ad asciugare nel vento, all’erba dove fare le capriole, alle siepi fitte di arbusti intorno al giardino, alla stradina percorsa in bici e alle tinozze da bucato piene di acqua. I mondi fantastici si alternano sulle pagine agli ambienti reali in un gioco intrecciato di realtà e fantasia dove non c’è posto per la noia. E’ come se fossero necessari due livelli per sviluppare la narrazione, per far convergere sullo stesso piano ciò che gli adulti vedono e ciò che, invece, crea la fantasia delle bambine.

Uno sviluppo naturale di mondi che si intrecciano tra loro dal momento in cui le piccole scendono dalla macchina al momento in cui ci risalgono per tornare a casa. Nemmeno in macchina, però, la realtà ha il sopravvento al cento per cento e segno ne è la lunga coda a righe che sbuca dal finestrino.

Quando si fa sera, si torna a casa” sono le ultime tra le pochissime parole che troviamo in questo libro e il saluto “Ciao nonna!”, una chiosa che sembra mettere fine alla storia (che storia veramente non è). Sembra. Perchè bisogna girare anche l’ultima pagina per scoprire che “… quello dell’immaginazione, non è un gioco da ragazzi!”

Scopo di questo albo illustrato leggero ed evocativo come la tecnica dell’acquerello utilizzata dall’autrice, non è certo opporre la capacità immaginativa delle bambine a quella dei bambini. Alessandra Lazzarin ha qui dipinto le sue due bambine, la loro cuginetta e il loro vivere con fantasia il giardino della nonna: un mondo d’infanzia al femminile dolce e affettuoso che, fissato sulla carta, non rischia di venir dimenticato.

Questa proposta di Orecchio Acerbo è un albo illustrato da guardare con i bambini perché è divertente scoprire insieme ciò che le bambine riescono a immaginare, ed è interessante lasciare loro interpretare le due immagini presenti in copertina. Ma è anche un libro per i grandi, da sfogliare da soli per ricordare con nostalgia la spensieratezza e il divertimento di un pomeriggio di libertà in un giardino all’aperto.

Impossibile, a questo punto, non ricordare un altro bellissimo lavoro dedicato al gioco, all’immaginazione, a un pomeriggio apparentemente “vuoto” perché non organizzato: Un grande giorno di niente di Beatrice Alemagna, pubblicato da Topipittori nel 2016. Ne ho scritto qui

 

Beatrice Alemagna

Un grande giorno di niente

Topipittori, 2016 – 48 p.

Consigliato da 5 anni

lunedì 28 settembre 2020

SEMPLICE E FELICE


Jean-François Sénéchal con la traduzione di Claudine Turla

Semplice la felicità

Edt Giralangolo 2020, 264 p., € 14,00 e-book € 9,99

consigliato da 13 anni

Una nuova storia “fuori dal coro” nella collana di narrativa di Giralango: “SEMPLICE LA FELICITA’” di Jean-François Sénéchal, autore canadese che, praticamente nato tra i libri dei suoi genitori insegnanti, dopo gli studi in antropologia, si è dedicato alla letteratura.

Quella che racconta in questo libro è la storia di Chris, un ragazzo “in ritardo” come si definisce lui, che il giorno del suo diciottesimo compleanno si sveglia nel suo appartamento perfettamente in ordine, ma vuoto: sua mamma se ne è andata, come se, arrivata fin lì, il suo compito fosse finito. Suo padre se ne era andato alla sua nascita e Chris, adesso solo, si ritrova a inventarsi una routine fatta quotidianità, di amicizie e di piccoli lavoretti manuali, che gli inquilini del suo palazzo gli commissionano, dopo che l’anziana padrona l’ha nominato custode. La sua “semplicità” lo porta a raccontare tutto ciò che gli succede a sua madre in un dialogo immaginario che continua a condurre con lei nella sua testa. Le parla delle persone che incontra, dei suoi lavori, di come è (sarebbe) bello avere una ragazza, della morte del padre di una sua amica, della difficoltà a farsi accettare fuori dalla sua cerchia … della sua vita, che passo passo, va verso un’autonomia sempre più grande, nonostante intoppi e problemi. Ed è questa, per Chris, la felicità: poter vivere una vita semplice e normale nel piccolo universo di umanità che è il boulevard vicino a casa sua con il mercato, la sala da bowling, la strada con le macchine. Alla fine Chris, con la sua ingenuità, trova un suo equilibrio. Spera sempre nel ritorno della mamma, ma ha riempito la sua vita di tante altre persone e quindi può dire con sicurezza “(…) non preoccuparti per me, mamma. Perchè anche se non tornerai, anche se non tornerai mai, io sarò felice lo stesso.”.

La storia che ci viene proposta è commovente, dura e tenera, divertente e tragica. E' raccontata in un linbuaggio essenziale, conciso, diretto, eppure di incontestabile bellezza, e saprà catturare i lettori più sensibili. Punto di forza è che la narrazione non scade nel patetico, né nell’auto commiserazione, ma coinvolge il lettore e lo fa sentire parte del mondo di Chris, per questo stupisce come l’autore sia riuscito a mettersi, con grande sensibilità, nei panni e nella testa di un ragazzo di 18 anni con un ritardo mentale.

Il tema dell'autonomia delle persone disabili non è esattamente quello che si può pensare un tema da libri per ragazzi, eppure la realtà è ciò che essi cercano nelle storie, soprattutto nel periodo dell'adolescenza. Un periodo che sappiamo pieno di contraddizioni, ma che richiede punti fissi di riferimento. Ritrovarsi nelle storie che si leggono è fondamentale e le situaizioni di difficile quotidianità sono più frequenti nella vita dei ragazzi di quanto si possa immaginare. 

Alcuni di loro ne hanno anche scritto, come Gaya Raineri che nel suo "Pulce non c'è" (Einaudi) racconta con intelligente ironia della sua sorellina "speciale", Pulce, una bambina autistica allegra che abbraccia forte tutti, anche gli sconosciuti, oppure Giacomo Mazzariol che nel suo “Mio fratello rincorre i dinosauri” (Einaudi) narra del fratellino Giovanni affetto dalla sindrome di Down e di cui lui all’inizio si vergognava, per poi, invece, farsi travolgere dalla sua vitalità e scoprire che, a modo suo, era (ed è) un supereroe.

Leggendo la storia di Chris non si può non ricordare, poi, anche il romanzo “Mio fratello Simple” (Giunti), la storia di Bernabè, un ragazzo disabile, che suo fratello decide di tirar fuori dall’ospedale psichiatrico dove sua madre l’aveva messo, e prendersene cura. L’ha scritto Marie-Aude Murail, apprezzata autrice francese che ha composto con elegante e seria leggerezza diversi romanzi sulle tematiche forti che interessano i ragazzi come la disabilità, l’omosessualità, il razzismo.

Mi piace ricordare qui che quest’anno la collana di narrativa di Giralangolo ha vinto il Premio Andersen come miglior collana di narrativa “per un progetto coeso e coerente, capace di restituire la voce forte e allos tesso tempo fragile dell’adolescenza, attraverso storie mai scontate, che spaziano tra i generi. Per una collezione di sguardi autentici con cui confrontarsi anche grazie all’ottimo lavoro di traduzione. Per aver cucito con un filo rosso una pluralità di autori internazionali dagli stili differenti, accomunati però dalla capacità di non sottovalutare ami i propri lettori”.

Una motivazione importante che rende onore a questi romanzi, a chi li scrive, a chi li sceglie per pubblicarli e ai ragazzi che li leggono.

Nel tempo ho avuto modo di scrivere di diverse di queste storie segnalandole per la loro qualità: FERMA COSI'di Nina Lacour,LE VARIAZIONI DI LUCY , TRACCE di Wendy Mills, FUGA IN SOFFITTAdi Coline Pierré, OPHELIA di Charlotte Gingras , LA SECONDA AVVENTURA di Simone Saccucci , LA SCELTA DI RUDI di Françoise Dargent BUIO di Patrick Bard e UN'ESTATE QUASI PERFETTA di Anne Percin.


mercoledì 16 settembre 2020

INNO ALLA LIBERTA' E ALLA FANTASIA


STORIA FUNAMBOLA

Chiara Ingrao – ill. Davide Aurilia

Edizioni Corsare, 2020. 52 p. - € 14,00

consigliato da 8 anni

Non si dovrebbe mai mettere una briglia ai sogni. Ne è convinta Eva, la zia di Stella. Ed è per questo che quando alla piccola viene l’idea di diventare una funambola, non fa commenti, come avrebbero fatto mamma e papà (ognuno per le proprie ragioni sarebbe stato contrario a questa aspirazione), ma le regala una scatola di lego senza figure da copiare sul coperchio. Così la fantasia di Stella si sprigiona: la piccola si mette al lavoro e costruisce una casa funambola, un palazzo altissimo tutto colorato senza scale ma pieno di funi con trapezi per spostarsi da un piano all’altro.

Questo è l’inizio della “Storia funambola” (Ed. Corsare) di Chiara Ingrao. Una storia “divergente”, libera da limiti e contro stereotipi e pregiudizi, ma anche contro le imposizioni insensate che a volte i genitori hanno sul futuro dei figli (che non vuole essere mancanza di rispetto per il loro ruolo).

Dalla costruzione di questa casa di lego, infatti, prende vita tutta una realtà “altra” nella quale, giocando, Stella realizza il suo sogno e diventa parte del suo gioco. La fantasia è libera di volare e attorno alla casa funambola succede di tutto. Da una scena all’altra, Stella entra in un modo magico popolato di personaggi particolari come la pastora, il vecchio della montagna, l’aquila reale. Ciò che le succede è una rocambolesca avventura che la porta persino a bordo di una nave di pirati. Il gioco, nel quale è immersa la ragazzina, diventa pretesto per sognare, per immaginare di essere, per provare a diventare tutto ciò che le passa per la testa: un volo con la fantasia, una passeggiata su una fune che porta verso il futuro.

La “Storia funambola” è una storia fatta di tanti “quadri” che si susseguono legati da un filo logico molto sottile, il filo del gioco delle associazioni su cui si basa l’impianto ludico inventato da Stella. La storia sembra strampalata, ma in realtà la sequenza delle situazioni ha un suo perché.

E’ una storia originale e, anche se il suo ritmo narrativo, qua e là presenta qualche calo facendole perdere un po’ in spontaneità, è una buona lettura. L’idea alla base di questo libro, infatti, è chiara e molto attuale nel dibattito sulle tematiche nei libri per i bambini. Una proposta da consigliare alle bambine e ai bambini che hanno da poco cominciato a leggere da soli con una certa facilità. Per questa “fase” di lettura, infatti, il mercato non offre molte pubblicazioni originali e di qualità ed è, quindi, importante segnalarne il più possibile per offrire alternative ai prodotti più commerciali.

Le illustrazioni di Davide Aurilia sono un altro punto di forza di questo libro. Si tratta di tavole che accompagnano la storia mettendone in evidenza una visione “altra” e completandone l’appeal che può avere sul lettore. Da segnalare in particolar modo il quadro iniziale con il funambolo sulla città, quello con il muro di mattoni davanti a cui si trova Stella quando “entra” nel gioco, e quello con la belva nel bosco nero, che altro non è che uno dei vecchi pupazzetti rotti e abbandonati da Stella.

Tra gli spunti che sottendono al sogno di Stella di diventare funambola, si può mettere in evidenza il tema dell’importanza del gioco “libero” per la crescita dei bambini. Il giocare a “far finta che ero”, il costruire cose con i lego o con qualsiasi altro materiale, anche di recupero, senza seguire uno schema imposto, l’usare oggetti o giocattoli predisposti per uno scopo, come se fossero qualcosa di completamente diverso, ma funzionale al gioco del momento, sono tutti processi mentali che stimolando la fantasia, assorbono completamente i bambini. In questo il gioco, come la lettura, sono palestre di situazioni e di emozioni: permettono ai piccoli di vivere esperienze, di entrare nei panni degli altri, di provare a risolvere momenti e circostanze dando loro un’evoluzione più o meno complessa.

Interessante, poi, anche se solo accennata, la figura della zia Eva che capisce al volo Stella e la asseconda, facendo da contrappunto alla rigidità dei suoi genitori. E’ importante che i ragazzini trovino tra gli adulti delle persone che stanno dalla loro parte incondizionatamente e sanno guidarli senza forzarli.

Appena accennati anche altri temi in questa storia sono quelli della “bambina ribelle” e della “vendetta dei giocattoli” rotti e abbandonati, temi più comuni e quindi più facili da riscontrare nelle pubblicazioni per i bambini.

mercoledì 9 settembre 2020

L'AMICIZIA DI ROCCO E ALFONSINO: UNA STORIA PER CHI?

Rocco l’allocco e Alfonsino il topino amici per la pelle

Robo & Mömo

Graphe.it, 2020 - 28 p. - € 11,90

consigliato da 4 anni

E’ una piccola storia di amicizia, quella di Rocco l’allocco e Alfonsino il topino: una storia dolce in cui si narra una semplice quotidianità fatta di giochi, di momenti di riposo a guardare il cielo, di merende insieme. Nessun evento rocambolesco, né effetti speciali.

Per questo è una storia adatta ai bambini più piccoli che amano trovare nei libri elementi che conoscono, momenti in cui ritrovano le loro esperienze.

Nel sito Libri e bambini, dietro cui ci sono gli stessi due autori (Robo, pseudonimo di Roberto Russo, e Mömo, Anna Fogarolo) e l’editore (Graphe.it), si può leggere come è nato questo libro. Anna Fogarolo scrive: “Dietro un libro c’è, o per lo meno dovrebbe esserci, sempre un progetto. (...). Stampare un libro è un rischio d’impresa, in questo caso dell’editore. Difficilmente il prodotto che teniamo tra le mani è nato “per sbaglio” o per “ispirazione divina”. Si parte da un’idea, ma riuscire a realizzarla è una faccenda molto complicata I libri per l’infanzia sottolineano ulteriormente questo processo. Se un romanzo deve la sua realizzazione principalmente all’autore, i libri per bambini sono dei veri e propri progetti a più mani, valutati, ponderati e adattati al loro giovane, ma non meno esigente, pubblico”.

Dopo anni di esperienza e centinaia di libri per bambini e albi illustrati visti, letti e commentati, posso tranquillamente affermare che è vero che lampo di genio e ispirazione (non divina) sono alla base e costituiscono gran parte delle migliori opere, anche di quelle per i piccoli. Ed è solo dopo che subentra lo studio e il progetto per la loro realizzazione, che, a sua volta, necessita di abilità artistica, sia letteraria sia di illustrazione e di grafica, e che non può prescindere dalla conoscenza profonda dei bambini nel target d’età di riferimento e del loro mondo, delle loro competenze, per rispettarli come lettori.

A questo proposito vi rimando ai vari post dedicati agli albi illustrati in questo blog a cominciare da "Una bella giornata inizia con una storia"

Rocco l’allocco e Alfonsino il topino amici per la pelle” non è un albo illustrato, ma un libro con le figure. Figure che solo in parte vengono incontro alle capacità di lettura dei bambini più piccoli che hanno bisogno di immagini ben definite, con poche (o meglio niente) sfumature e elementi molto chiari. Il fondo bianco e i contorni leggermente più scuri aiutano, ma solo alcune delle tavole che accompagnano la storia di Rocco e Alfonsino corrispondono in pieno a queste caratteristiche.

 

L’idea della carta ruvida per dare la possibilità ai bambini di “personalizzare” le pagine con i propri disegni (come si legge sulla copertina “un libro da sfogliare, leggere e scarabocchiare”), mi dà occasione anche per un’altra riflessione sulle pubblicazioni per bambini. Quando si compra un libro si dovrebbe essere convinti di comprare un libro: non un gioco, né un album da colorare e disegnare. L’offerta di prodotti “ibridi” in commercio è molto varia. Ciò, però, secondo me, toglie valore all’oggetto libro in sé: come se “solo” un libro non bastasse, e può veicolare un messaggio confuso a riguardo.

Certo questo libro potrà, però, dare soddisfazione ai bambini più grandini che cominciano a leggere da soli grazie alla scrittura in stampatello maiuscolo e ai caratteri molto grandi, nonché alle figure che li accompagnano e che, fino a quando le capacità di lettura non sono ben consolidate, sono molto importanti per alleggerire la fatica di leggere e farla diventare piacere di leggere.

domenica 30 agosto 2020

Strumenti del mestiere: LE CARTE DI TESTE FIORITE

Tra gli strumenti per utili per le attività di promozione alla lettura le “CARTE” dell’Associazione Teste Fiorite sono una recente e interessante proposta

Si tratta di un mazzo di 40 carte da utilizzare come base per commentare una lettura, un libro, un albo illustrato, per condurre una conversazione libera partendo da un libro o per ragionare sulla lettura e sul valore delle storie. 

Le carte sono suddivise in quattro gruppi e rimandano a quattro diversi ambiti: quelle blu riportano affermazioni con pregiudizi nei confronti della letteratura per l’infanzia, quelle arancioni pongono domande pensate per far partire una discussione, su quelle gialle si leggono affermazioni da commentare, quelle viola spaziano tra le più diverse riflessioni.

Come si legge nell’allegata scheda di presentazione, “le Carte di Teste Fiorite possono essere usate da adulti che cerchino spunti da cui partire per analizzare un testo, ma anche da ragazzi che inizino a prendere confidenza con un punto di vista critico o, ancora, da adulto e ragazzi insieme, in classe, per entrare in confidenza con l’imperfetta scienza ermeneutica”.

Pur aspettando con impazienza l’occasione per provare, al momento non ho ancora avuto modo di utilizzarle personalmente né con gli adulti, né con i bambini/ragazzi, ma l’impressione è che siano interessanti sia per chi già lavora in questi campi, sia per chi comincia a muovere i primi passi. Offrono, infatti, spunti utili per avvicinarsi ai libri e alle storie in maniera diversa e per raggiungere nuovi livelli di approfondimento o per osservare libri, storie e figure da nuovi punti di vista.

Come tutti gli strumenti, soprattutto quelli più “pratici”, le CARTE di Teste Fiorite, si possono usare “con fantasia”: non sono un metodo, non indicano una tecnica. Possono, però, essere base per costruirsi ciascuno il “proprio” metodo, per tracciarsi ciascuno la propria strada.

Per una descrizione delle CARTE di Teste Fiorite da parte di chi le ha create, cliccate qui dove, potete, eventualmente anche procurarvele.

venerdì 21 agosto 2020

Nuove edizioni, nuove traduzioni (3): LA CUCINA DELLA NOTTE

(Riedizioni – 3)

Centro di questo post è di nuovo un albo illustrato di Maurice Sendak: “In the Night Kitchen” uscito col titolo di “Luca, la luna e il latte” nel 2000 presso Babalibri con la traduzione di Selene Maltini e con il titolo “La cucina della notte

nel 2020 presso Adelphi con la traduzione di Lisa Topi. Anche in questo caso, purtroppo, non dispongo della versione originale inglese uscita nel 1970, perciò non mi posso fermare su un commento alle traduzioni in sé. Esprimo solo alcune considerazioni sulle due edizioni italiane, più come una presentazione degli albi stessi che come un confronto di merito tra i due.

Il libro racconta l’avventura onirica di un ragazzino (Mickey nella versione originale e in quella di Lisa Topi, Luca in quella di Selene Maltini) che si sveglia nel cuore della notte a causa dei rumori che provengono dalla cucina. Sceso dal letto si affaccia alla porta e vede tre panettieri identici (tutti copie di Oliver Hardy) che stanno preparando una focaccia per la mattina. Presi dal lavoro non si accorgono che il piccolo finisce nell’impasto, anzi, visto il candore della sua pelle, pensano che si tratti del latte. Al momento di infornare, però, lui spunta fuori urlando che lui non è il latte mancante nella focaccia. Il bambino si mette quindi a costruire con un altro impasto un aeroplano che, appena pronto, lo porta oltre la via lattea sulla luna a prendere il latte vero. Così i tre possono finire il dolce e il piccolo, di nuovo asciutto, ritorna nel suo letto.

Si tratta di una storia apparentemente strana che, soprattutto per la nudità del piccolo, è stata molte volte criticata e bandita in America nel periodo della sua prima pubblicazione.

Moltissimi in questo libro sono i rimandi autobiografici di Sendak a partire dalla dedica ai suoi genitori, all’indirizzo di casa sua da piccolo su uno dei barattoli della cucina, fino al controverso riferimento alla Shoah. Sendak, infatti era ebreo. Il bambino protagonista dell’albo sta per essere messo in forno da tre panet

tieri che assomigliano a Oliver Hardy, ma che hanno un eloquente baffetto quadrato e su un altro barattolo della cucina compare una stella a sei punte … .

Il genio di Sendak emerge in entrambe le edizioni italiane, grazie al perfetto dialogo tra testo e illustrazioni. Il testo della prima, ovviamente, dimostra i suoi anni (oltre alla triste scelta di cambiare il nome al protagonista). Più fresca è la traduzione di Lisa Topi: grazie ai 20 anni passati tra le due versioni che sono stati testimoni di grande evoluzione nella produzione editoriale per i bambini.

Si tratta, in fondo, di una di quelle storie che piacciono più ai piccoli che agli adulti, perché a loro “arrivano” direttamente, senza preconcetti e pretese interpretative. L’onestà intellettuale con la quale Sendak tratta i bambini cui sono rivolti i suoi libri è alla base della sua capacità di comunicare direttamente con loro ad un livello che va oltre la lettura che un adulto può darne. Sendak e i bambini sono sulla stessa lunghezza d’onda e per questo le sue opere, anche a distanza di tantissimi anni, piacciono ancora. Molto.

Grazie ad Adelphi per aver intrapreso, nella sua collana “Cavoli a Merenda”, la ripubblicazione delle opere di questo grande della letteratura per bambini. Aspettiamo le prossime.

Luca, la luna e il latte

Maurice Sendak - traduzione di Selene Maltini

Babalibri, 2000 - [36] p.


La cucina della notte

Maurice Sendak - traduzione di Lisa Topi

Adelphi, 2020 - [36] p.

Consigliati da 5 anni

 

domenica 26 luglio 2020

Nuove edizioni, nuove traduzioni (2): NEL PAESE DEI MOSTRI SELVAGGI


Nel paese dei mostri selvaggi

Maurice Sendak - traduzione di Lisa Topi

Adelphi, 2018 - [36] p


                                    (Riedizioni – 2)

Tanto si è detto e commentato sulla traduzione di Lisa Topi del classico “Nel paese dei mostri selvaggi” di Maurice Sendak, che, dopo decenni di diffusione con le parole tradotte da Antonia Porta, prima presso Emme (1969) e poi Babablibri (1999), è tornato nel 2018 a disposizione di bambini, e non solo, pubblicato da Adelphi.

Non ho intenzione né di addentrarmi in un confronto delle traduzioni, né di esprimere giudizi di valore sulle scelte dei traduttori, né tanto meno di dilungarmi in nostalgici rimpianti di parole o espressioni entrate e fissate nel mio bagaglio di letture per bambini (la “ridda selvaggia”, per citare solo un esempio, famosa prima perché parola molto insolita, famosa adesso perché non più nel testo). Una breve ricerca in rete produce a riguardo vari interventi molto interessanti.


Mi permetto solo una riflessione, constatando che l’albo di Sendak nelle due traduzioni ha in fondo ha lo stesso valore: si tratta, cioè, di un’opera che regala un’esperienza di lettura semplicemente perfetta a chi la legge, a chi l’ascolta, a chi la guarda. Nei due albi il rapporto testo-immagine è strettissimo, uno non può fare a meno dell’altra e viceversa, ed entrambi concorrono al racconto di questa serata in cui il bambino protagonista vive l’emozione fortissima della rabbia e, tra i mostri, ne trova sfogo. L’evoluzione di questo stato d’animo è resa alla perfezione dal ritmo alternato di parole e illustrazioni con il climax centrale delegato solo a queste ultime.

Un capolavoro della letteratura per l’infanzia, indiscusso ed indiscutibile in entrambe le sue traduzioni.


Nel paese dei mostri selvaggi

Maurice Sendak - traduzione di Antonio Porta

Emme, 1969 - [36] p.

Babalibri, 1999 - [36] p.

Consigliato da 4 anni